La stagione dichiarativa in corso (periodo d’imposta 2022) rappresenta un (secondo) anno zero per la tassazione dei dividendi: il regime transitorio introdotto dalla legge 205/2017 si è infatti chiuso il 31 dicembre 2022, sancendo la definitiva scomparsa della distinzione tra partecipazioni qualificate e non qualificate detenute dalle persone fisiche al di fuori del regime di impresa.
La riforma e il regime transitorio
La legge 205/2017 ha riordinato il regime dei redditi di capitale conseguiti dalle persone fisiche non imprenditori uniformando – a partire dal 1° gennaio 2018 – la tassazione dei dividendi, relativi a partecipazioni qualificate, a quella delle corrispondenti partecipazioni non qualificate.
Per non penalizzare i soci “qualificati” di società con abbondanza di utili pregressi ante 2018 è stato previsto un regime transitorio: in particolare, il comma 1006 dell’articolo 1 della citata legge ha previsto che per le distribuzioni di dividendi da partecipazioni qualificate, formati con utili prodotti fino all’esercizio in corso al 31 dicembre 2017, deliberate dal 1º gennaio 2018 al 31 dicembre 2022, continuino ad applicarsi le disposizioni precedenti. Tali disposizioni – lo si ricorda – prevedevano un concorso parziale al reddito secondo percentuali diverse in funzione dell’anno di formazione del dividendo:
nella misura del 40% del loro ammontare, quando formati con utili prodotti fino all’esercizio in corso al 31 dicembre 2007;
nella misura del 49,72%, quando attinti da utili prodotti a partire dall’esercizio successivo a quello in corso al 31 dicembre 2007 e fino a quello in corso al 31 dicembre 2016;
nella misura del 58,14%, quando formati con utili prodotti nell’esercizio successivo a quello in corso al 31 dicembre 2016.
Sul punto, l’agenzia delle Entrate – dopo un’iniziale posizione restrittiva espressa nella risposta 454/2022 – ha cambiato rotta con il principio di diritto 3/2022, con cui ha chiarito che, ai fini dell’applicazione del regime transitorio, è sufficiente che la relativa distribuzione sia stata validamente approvata con delibera assembleare adottata entro il 31 dicembre 2022, a nulla rilevando la data di effettivo pagamento, che può essere anche successiva.
L’auspicio è che la fine del regime transitorio aiuti a semplificare la compilazione della stratificazione temporale nel quadro RS che le società di capitali sono tenute a fornire (si veda l’articolo a lato); sebbene resti valida quella prevista per gli utili di cui all’articolo 27, comma 3-ter, Dpr 600/73, vale a dire quelli destinati a società ed enti residenti nella Ue e nei Paesi aderenti all’accordo sullo Spazio economico europeo, per i quali non è previsto un regime transitorio.
L’imposizione dei dividendi
A regime, invece, i dividendi percepiti da persone fisiche non imprenditori sono soggetti a ritenuta d’imposta “alla fonte” (quindi definitiva del 26%), a prescindere dal fatto che la partecipazione sia qualificata o non qualificata, operata (e trattenuta) dalla società partecipata, in qualità di sostituto d’imposta. Dal lato del socio persona fisica, in quanto soggetti a tassazione a titolo di imposta, i dividendi non devono essere indicati nella dichiarazione dei redditi del rispettivo socio.
Gli acconti
Da ultimo, la fine del regime transitorio potrebbe imporre alcune valutazioni nella determinazione degli acconti Irpef per il 2023: in presenza di dividendi “qualificati” che hanno concorso (per l’ultima volta) alla formazione del reddito complessivo, seppur in misura parziale, l’applicazione del metodo “storico” potrebbe portare ad acconti Irpef eccedenti rispetto a quanto dovuto per il 2023, a parità di dividendi percepiti. Gli stessi dividendi, infatti, se percepiti nell’anno successivo 2023, non comportano un aumento dell’imposta Irpef, in quanto soggetti a tassazione alla fonte. Per risolvere questa situazione, il contribuente ha la facoltà di rideterminare gli acconti dovuti sulla base del metodo previsionale, avendo cura di evitare di incorrere – a posteriori – nella situazione di acconti insufficienti.
Fonte: Il Sole 24Ore