Cessione di fabbricati abitativi e strumentali destinati alla locazione, classificati quali «beni ammortizzabili», non rientra nel pro-rata di detraibilità, anche se in concreto gli immobili costituiscono oggetto dell’attività d’impresa.
Con la risposta ad interpello 413/2023, l’agenzia delle Entrate fornisce un’interpretazione dell’articolo 19-bis, comma 2, del Dpr 633/72 fortemente vincolata al diritto interno, nello specifico alle norme del Tuir sui beni ammortizzabili.
Il caso coinvolge un ente pubblico avente natura economica che cede, nell’ambito della sua attività d’impresa, dei fabbricati abitativi e strumentali destinati alla locazione, considerando tali cessioni fuori dal calcolo del pro-rata di detrazione (come previsto all’articolo 19-bis, comma 2, Dpr 633/72: «Per il calcolo della percentuale di detrazione di cui al comma 1 non si tiene conto delle cessioni di beni ammortizzabili»). Ciò in quanto ai fini della redazione del bilancio, considera tali immobili quali «beni ammortizzabili» in base al principio contabile Oic 16.
Lo stesso Ente vorrebbe però includere tali operazioni nel calcolo del pro-rata, in quanto nella pratica la compravendita degli stessi immobili rientra nella sua abituale attività di impresa.
Dopo una ricognizione delle norme (articolo 174, paragrafo 2, della direttiva Iva e articolo 19-bis Dpr 633/72), pur valutata la nozione di «beni d’investimento» come interpretata dalla Cgue nella sentenza causa C-98/07, le Entrate giungono alla conclusione di vincolare il concetto «beni ammortizzabili» ai fini Iva al mondo delle imposte dirette. Pertanto, poiché il bene è stato qualificato come tale ai fini del Tuir, anche ai fini Iva deve considerarsi «ammortizzabile» e, di conseguenza, la relativa cessione resta esclusa dal calcolo del pro-rata di detraibilità.
Secondo quanto espresso dalla Corte nella richiamata sentenza, tuttavia, il concetto di «beni d’investimento» previsto dalla direttiva, e declinato sul piano interno con l’espressione «beni ammortizzabili», non può comprendere quelli la cui vendita riveste, per il soggetto passivo interessato, il carattere di un’attività economica usuale.
Nonostante l’Ente in questione tratti tali immobili quali beni ammortizzabili ai fini delle imposte dirette, dalla descrizione della fattispecie sembrerebbe piuttosto che le cessioni degli stessi rientrino nell’ordinaria attività d’impresa e che pertanto, ai fini Iva, non andrebbero inclusi nei «beni d’investimento» (i.e. «beni ammortizzabili» ex articolo 19-bis, comma 2, del Dpr 633/72).
Tuttavia, la soluzione proposta dall’Istante non è accolta dalle Entrate che, in definitiva, ritengono che non concorrono alla formazione del pro-rata le cessioni dei fabbricati che l’istante ha qualificato quali beni fiscalmente ammortizzabili ai fini delle imposte dirette.
Fonte: Il Sole 24Ore