La mancata opzione per la branch exemption non può essere sanata con la remissione in bonis. Semmai lo si potrà fare successivamente ed eventualmente con la costituzione di una nuova branch. È questo il principio di diritto delle Entrate n. 10 del 13 giugno. La remissione in bonis (articolo 2 del Dl 16/12) consente di fruire di benefici fiscali o di accedere a regimi opzionali anche in assenza della preventiva opzione o di adempimenti formali normativamente richiesti per l’accesso. Ciò a patto che il contribuente abbia le condizioni di legge, faccia la comunicazione o l’adempimento entro il termine di presentazione della prima dichiarazione utile, versi contestualmente la sanzione minima. La circolare 38/E/12 esclude tuttavia questa possibilità di rimediare qualora si tratti di un mero ripensamento, cioè di una scelta a posteriori basata su ragioni di opportunità. Deve invece sussistere un comportamento concludente a cui si associa una mera dimenticanza dell’adempimento formale. Le istruzioni del Modello Redditi SC 2021, paragrafo 3.9, chiariscono che il contribuente opta nel quadro RF per la branch exemption e poi compila tanti moduli quante sono le branch possedute all’estero. Se dunque non si compila il quadro RF non si evidenzia il reddito prodotto dalla stabile estera. Questo tipo di adempimento non può considerarsi formale e quindi non è sanabile con la remissione in bonis. Ciò è in linea con il provvedimento del 28 agosto 2017 (punto 2.7) che dà comunque la possibilità di accedere all’istituto «successivamente ed eventualmente», in concomitanza, cioè, con la costituzione di una nuova branch.
Le transazioni effettuate fra due branch italiane di società estere appartenenti ad un Gruppo Iva rilevano ai fini del tributo. È questa la conclusione del principio n. 11.
Il principio di diritto affronta una doppia tematica, quella dei rapporti fra branch e casa madre che non rilevano ai fini Iva, nonché quelli che intercorrono fra queste due entità quando viene instaurato un gruppo Iva, il che spezza l’identità soggettiva e determina la rilevanza Iva delle transazioni. Ma la pronuncia fa un passo ulteriore, perché afferma che le transazioni fra due branch italiane rilevano sempre ai fini del tributo, come accade di fatto fra due entità societarie residenti.
L’innesto di un Gruppo Iva fa venire meno la soggettività passive delle società partecipanti, a favore del Gruppo. Né il Gruppo Iva estero può considerarsi quale «unica casa madre» delle due stabili organizzazioni «italiane». Questo principio è recepito anche a livello nazionale in quanto l’articolo 70-quinquies del Dpr 633/72 prevede che se le transazioni intercorrono fra la branch e la propria casa madre estera che ha aderito ad un Gruppo Iva esse assumono rilevanza perché sono effettuate fra soggetti terzi. in tal senso le sentenze Skandia, FCE Bank e la risposta n. 314/23. La stabile organizzazione è un soggetto passivo a tutti gli effetti. Quindi se rilevano ai fini Iva le operazioni fra branch e gruppo Iva, a maggior ragione lo saranno quelle fra branch residenti di soggetti esteri, in quanto le stesse intervengono direttamente.
Fonte: Il Sole 24 ORE