I soci di società non possono beneficiare della flat tax incrementale. È uno dei chiarimenti contenuti nella circolare dell’agenzia delle Entrate pubblicata in bozza e verso la quale possono essere trasmesse osservazioni entro il prossimo 15 giugno.
Il regime in commento è quello introdotto dai commi da 55 a 57 dell’articolo 1 della legge 197/2022 e prevede, per il solo anno 2023 e nel rispetto di specifiche condizioni, la determinazione del reddito applicando una imposta sostitutiva del 15% alla parte degli aumenti di reddito calcolata rispetto ai redditi dei tre anni precedenti (2020-2022).
La norma dispone che sono ammessi a fruire di questa tassa piatta incrementale i contribuenti persone fisiche esercenti attività d’impresa, arte o professione, diversi da quelli che applicano il regime forfettario (legge 190/2014). La circolare in bozza prevede l’esclusione anche per i soci di società di persone a cui vengono imputati, per trasparenza, i redditi ai sensi dell’articolo 5 del Tuir nonché ai soci di società di capitali che hanno esercitato l’opzione per la trasparenza fiscale a norma dell’articolo 116 del Tuir. Restano esclusi anche coloro che partecipano ad associazioni tra professionisti di cui al comma 3 dell’articolo 5 del Tuir.
La circolare chiarisce, tuttavia, che l’accesso alla flat tax incrementale non è precluso agli imprenditori individuali e alle persone fisiche esercenti arti e professioni che siano altresì soci di società di persone; in sostanza chi svolge una attività di impresa, di arte o di professione e, contestualmente, riveste la qualifica di socio di società, può applicare la flat tax incrementale con esclusivo riferimento al reddito derivante dall’esercizio dell’impresa individuale e/o al reddito di lavoro autonomo..
Per espressa previsione normativa, restano esclusi coloro che nel 2023 applicano il regime forfettario; ma nel caso in cui il contribuente decada dal regime in corso d’anno perché supera la soglia di 100mila euro di ricavi/compensi percepiti, torna applicabile la flat tax incrementale. Si ricorda che la legge 197/2022 è intervenuta sul regime forfettario con l’innalzamento della soglia per accedere e permanere nel regime e con l’introduzione di una specifica soglia (pari, appunto, a 100.000 euro) che se superata comporta l’uscita in corso d’anno.
Esclusi dall’applicazione anche coloro che iniziano l’attività nel 2023. In questo caso, infatti, manca la possibilità di determinare l’incremento reddituale richiesto dalla norma. Nessuna preclusione per coloro che, invece, hanno avviato l’attività nel triennio 2020-2022 ma solo due aspetti da verificare: il primo è l’aver svolto l’attività almeno per una annualità intera (devono, quindi, intendersi esclusi coloro che hanno avviato l’attività nel corso del 2022); il secondo è che il reddito derivante dallo svolgimento dell’attività per una frazione di anno va ragguagliato ad anno. L’esempio proposto dalla circolare è quello di un contribuente che ha avviato l’attività il 1° giugno 2021 e che ha conseguito un reddito di 30.000 euro. In questo caso, il reddito dell’anno 2021, conseguito in 214 giorni lavorativi va assunto in misura pari a quello che risulta dal ragguaglio su 365 giorni, quindi pari a 51.168 (30.000/214 per 365).
Tra i soggetti ammessi a fruire della tassa piatta ci sono le imprese familiari e le aziende coniugali purché non gestita in forma societaria, ma solo con riferimento al titolare dell’impresa stessa. Ricorda, infatti, la circolare che l’impresa familiare ha natura individuale e non collettiva; pertanto, è imprenditore individuale solo il titolare dell’impresa.
Via libera anche per coloro i quali, nel triennio 2020-2022 hanno applicato il regime forfettario; in questa ipotesi il reddito da prendere in considerazione per la determinazione della base imponibile (si veda, a tal fine, l’altro pezzo in pagina) è quello forfettario qualora rappresenti il più elevato del triennio.
Fonte: Il Sole 24 ORE