La delega fiscale prevede all’articolo 9 il condivisibile principio per cui occorre ridurre le divergenze fra valori contabili e fiscali e semplificare, in tal modo, gli adempimenti amministrativi delle imprese. Questo principio è da salutare con favore e ha visto di recente la sua implementazione con riguardo agli errori di competenza contabile. A seguito delle modifiche introdotte, infatti, l’articolo 83 del Tuir prevede ora che le sopravvenienze passive per difetto di competenza iscritte in bilancio siano anche deducibili fiscalmente, senza necessità di operare mediante integrative ad hoc.
Ma l’eliminazione del doppio binario passa attraverso la revisione del meccanismo per cui oggi le aliquote dell’ammortamento sono stabilite in base alle vecchie tabelle del Dm 31 dicembre 1988. Tuttavia, la rivisitazione di tali meccanismi deve evitare che sorgano delle complicazioni ben maggiori di quelle attuali. Vediamone il perché.
Attualmente le imprese individuano i coefficienti di ammortamento seguendo i dettami del Dm citato. Non c’è dubbio che la struttura di tale documento è datata, sia per quanto riguarda l’identificazione delle categorie di imprese, sia per quanto concerne alcune aliquote che vanno considerate ormai del tutto obsolete e andrebbero riviste integralmente.
C’è, tuttavia, un elemento di pregio del meccanismo consistente nel fatto di avere a disposizione tale tabella e la certezza applicativa che ne discende. Infatti le imprese hanno con essa individuato – invero con facilità – l’aliquota da applicare al cespite oggetto di ammortamento. È vero che questo ha comportato spesso una sorta di “inquinamento” fiscale del bilancio, perché le imprese si sono di fatto adeguate alle aliquote fiscali. E talvolta c’è stato anche il tentativo di giustificare l’aliquota ridotta a metà del primo esercizio rispetto a un concetto – maggiormente aderente ai fatti gestionali – di applicazione del pro rata temporis per il primo anno di utilizzo del cespite. Tuttavia, è fuor di dubbio che la presenza delle aliquote fiscali abbia facilitato l’opera delle imprese nell’inquadrare i coefficienti da applicarsi.
Vediamo cosa cambia in futuro. Eliminare qualsivoglia doppio binario fra contabile e fiscale significa riconoscere che l’Oic 16 relativo alle immobilizzazioni materiali e l’Oic 24 per le immateriali debbano costituire l’unica fonte per l’individuazione del corretto ammortamento di bilancio. Di modo che poi il fiscale si basi sul dato contabile. È tuttavia evidente che l’Oic 16 non ha mai contenuto delle aliquote né tantomeno delle indicazioni per l’individuazione delle medesime. Del resto si tratta di documenti che dettano regole e contengono principi di carattere generale non casistico, in quanto questa è la loro funzione. Se dunque l’obiettivo di evitare delle divergenze fra piano contabile e fiscale in relazione agli ammortamenti è certamente da perseguire, occorre evitare che questo generi complicazioni ben maggiori rispetto ai vantaggi. Pertanto, non è possibile ipotizzare l’assenza di regole fiscali sostitutive del Dm del 1988: diversamente, come potranno essere individuate correttamente le aliquote da applicarsi? Si deve evitare che, in assenza di un riferimento chiaro, in fase di verifica l’agenzia delle Entrate possa disconoscere gli ammortamenti contabili – e dunque anche fiscali – applicati dalle imprese: tra l’altro, non si deve dimenticare che le norme tributarie devono prevedere e garantire un determinato gettito fiscale.
Bisogna evitare il pericolo di un’eccessiva soggettività da ambedue i lati che potrebbe essere fonte di incertezza e di potenziale contenzioso. Pertanto, appurato che i principi contabili Oic non sono casistici, se si vuole superare la dicotomia fra contabile e fiscale per ciò che concerne gli ammortamenti, è necessario prevedere un meccanismo normativo di fissazione delle aliquote di ammortamento, da rivedere con una certa cadenza periodica, per evitare che un buon principio – quello di uniformare l’ambito contabile e quello fiscale mediante la derivazione – possa poi presentare un’applicazione pratica incerta e dunque troppo farraginosa.
Fonte: Il Sole 24 ORE