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Credito ricerca e sviluppo, non basta il solo brevetto

Le attività svolte devono possedere le caratteristiche di «ricerca fondamentale», «ricerca industriale» e «sviluppo sperimentale»

La semplice brevettabilità di un sistema o di un bene non genera automaticamente l’emersione di un credito d’imposta per investimenti in attività di ricerca e sviluppo, poiché a tal fine occorre che le attività di ricerca e sviluppo assumano le caratteristiche della cosiddetta “ricerca fondamentale”, “ricerca industriale” e “sviluppo sperimentale”, cosi come indicate nell’articolo 2 del Dm 27/05/2015, attuativo della disciplina inerente il credito d’imposta per ricerca e sviluppo. È questo il principio di diritto enunciato dalla Cgt di secondo grado dell’Emilia Romagna nella sentenza 285/13/2024 della Cgt Emilia Romagna.

Nel caso in esame l’agenzia delle Entrate notificava a una società un avviso di accertamento recuperando il credito d’imposta per ricerca e sviluppo, maturato nel 2017 (utilizzato in compensazione nel 2018) per la presunta assenza di un’effettiva attività di ricerca e sviluppo. La contestazione dell’ufficio veniva impugnata dalla società con produzione di documentazione attinente il progetto di ricerca e sviluppo. Nel primo grado di giudizio, questa documentazione veniva ritenuta insufficiente a provare il soddisfacimento dei presupposti richiesti per la concessione del credito d’imposta. Anche in sede di appello le difese della società sono state rigettate. In particolare, la Corte di giustizia tributaria di secondo grado ha affermato che la brevettabilità di un sistema o di un bene non genera automaticamente il diritto al credito d’imposta ricerca e sviluppo poiché l’attività condotta dall’Ufficio brevetti può certamente dare delle indicazioni utili a comprendere come sia stata svolta l’attività di ricerca e sviluppo, ma l’analisi della fattispecie spetta sempre ed esclusivamente all’amministrazione finanziaria la quale è chiamata a verificare il rispetto delle specifiche disposizioni previste per il riconoscimento del credito in questione. Pertanto, il fatto che l’attività di ricerca e sviluppo sia oggetto di un procedimento di brevetto non è sufficiente a giustificare la richiesta del corrispondente credito d’imposta, dal momento che, ai sensi dell’articolo 2 del Dm 27 maggio 2015 (attuativo della disciplina inerente il credito d’imposta per ricerca e sviluppo), le attività ammissibili sono solo quelle aventi le caratteristiche di “ricerca sperimentale”, “ricerca industriale” e “sviluppo sperimentale”.

Esattamente al contrario, nel caso in esame, le relazioni depositate, pur indicando i gruppi di lavoro, le presenze giornaliere, la quantificazione delle opere lavorate, non riportavano descrizioni, analisi teoriche e/o operative, cenno sugli studi effettuati, sulle ricerche operate e sui progetti eventualmente realizzati, che avrebbero consentito di inquadrare con esattezza e precisione l’attività di ricerca e sviluppo che la società riteneva di avere svolto. Il collegio giudicante ha, infatti, osservato che questi documenti rappresentano dei semplici “report” realizzabili in qualsiasi momento ed in base ai propri obiettivi, ma non contenenti alcun riferimento fattuale alla effettività delle operazioni svolte nell’ambito del progetto sottostante. Ulteriormente è stata evidenziata l’incapacità del legale rappresentante della società di illustrare le modalità di gestione del personale impiegato in R&S, le diverse mansioni affidate ai team operativi e il tipo di ricerca eseguita sui materiali. Da qui, stante la genericità della difesa della società, il rigetto dell’appello e la conferma della sentenza impugnata con condanna alle spese.

Fonte: Il Sole 24ORE

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