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Intelligenza artificiale: sfide e responsabilità delle imprese

L'articolo esamina le implicazioni della intelligenza artificiale, considerando anzitutto il regolamento europeo (AI Act approvato nel maggio 2024 e in via di registrazione) che pone alle grandi imprese e alle relative supply chain obblighi di garantire la sicurezza e la qualità dei dati, di valutare i rischi dei sistemi di AI per i diritti dei lavoratori e in generale di garantire la sorveglianza umana su questi sistemi, coinvolgendo i rappresentanti dei lavoratori e il disegno di legge delega italiano sulla stessa materia, e quindi l'impatto della IA sulla quantità e qualità della occupazione

Il regolamento europeo sulla intelligenza artificiale e le sue implicazioni

L’intelligenza artificiale, anche se non ha ancora manifestato tutte le sue potenzialità, sta già influenzando in profondità il mondo del lavoro e delle imprese, come anche le nostre vite.

L’Unione Europea ha preso una serie di iniziative riguardanti le implicazioni delle nuove tecnologie digitali e degli strumenti con cui esse operano: il Digital Service Act del 2022, il Digital Market Act e da ultimo l’ Artificial Intelligence Act (AI act ), che è stato approvato dopo lunghe trattative in fine della passata consiliatura (maggio 2024) .

Questo ultimo è un regolamento, come tale direttamente applicativo, anche se destinato a entrare in vigore progressivamente, il quale mira a promuovere la diffusione di una intelligenza antropocentrica e affidabile che garantisca la protezione della salute della sicurezza e dei diritti fondamentali delle persone sostenendo nel contempo la innovazione e migliorando il funzionamento del mercato interno.

All’obiettivo di promozione sono destinate consistenti risorse, a cominciare da quelle del NGEU, che dovranno essere integrate con soldi sia pubblici che privati, in misura consistente (500 miliardi l’anno), come ha ricordato Mario Draghi.

L’ AI Act stabilisce una serie di regole dirette a prevenire e gestire i rischi che possono derivare dall’uso delle macchine intelligenti alimentate dalla intelligenza artificiale, in base al principio che maggiore è il rischio del loro uso maggiori devono essere le responsabilità di chi le sviluppa e le utilizza.

Qui interessa sottolineare che tutti i sistemi utilizzati in materia di lavoro, come della sanità e della istruzione, sono considerati ad alto rischio, perché incidono su beni e diritti essenziali delle persone.

Per questo devono essere soggetti a una serie di obblighi che fanno capo sia a chi li sviluppa e distribuisce sia a chi li utilizza, per quanto qui interessa le imprese nella gestione dei rapporti di lavoro.

Le imprese utilizzatrici hanno la responsabilità da una parte di garantire adeguati livelli di cybersicurezza e di qualità dei dati che alimentano il sistema e dall’ altra di adottare procedure per far conoscere e prevenire tutti i rischi conseguenti all’impiego dei sistemi di IA.

Questo significa in particolare che esse sono tenute anzitutto a garantire una informazione chiara completa e accessibile a tutti gli interessati di tutti dati riguardanti l’ uso del sistema, ma oltre a questo devono effettuare una valutazione del suo impatto e dei rischi per i diritti dei lavoratori e più in generale provvedere allo stesso fine alla sorveglianza umana sul funzionamento del sistema con strutture e personale adeguati.

Si tratta di obblighi impegnativi per la loro complessità e anche perché sono del tutto nuovi alle pratiche gestionali della maggior parte delle nostre aziende.

Un emendamento del parlamento europeo ha stabilito l’ obbligo per le imprese di consultare i rappresentanti dei lavoratori prima di mettere in opera il sistema, in conformità alle direttive europee sui diritti di informazione e consultazione, e più specificamente di coinvolgerli nelle procedure di valutazione e prevenzione dei rischi.

Tale obbligo è previsto anche dall’accordo quadro del 2020 sulla digitalizzazione del lavoro, concluso fra le rappresentanze Europee di vertice dei lavoratori e dei datori di lavoro, che andrebbe meglio valorizzato tramite accordi nazionali.

Va sottolineato che, ove si rilevi la possibilità del concreto verificarsi di rischi per i diritti dei lavoratori, le procedure aziendali devono provvedere ad apportare le necessarie modifiche al sistema, fino eventualmente a sospenderne l’utilizzo o, se non possibile, a prevedere eventuali risarcimenti.

La proposta di legge delega italiana

Per quanto riguarda il nostro ordinamento, il governo ha appena approvato una legge delega ora in esame al parlamento che interviene su vari aspetti della materia.

Ai rapporti di lavoro la delega dedica gli articoli 10 e 11.

Il primo ribadisce i principi fondamentali stabiliti dal regolamento europeo, in particolare gli obblighi di trasparenza, di tutela della riservatezza dei dati personali, del rispetto dei diritti inviolabili del lavoratore, senza discriminazioni per i motivi vietati dal diritto della Unione Europea.

Il secondo istituisce presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali un osservatorio sulla adozione di sistemi di intelligenza artificiale nel mondo del lavoro al fine di massimizzarne i benefici e di contenere i rischi, di definire una strategia sull’uso di questi sistemi, di monitorarne l’impatto sul mercato del lavoro, di identificare i settori più interessati al suo intervento nonché di promuovere la formazione dei lavoratori e dei datori di lavoro in materia.

Sarà decisivo al riguardo come i principi della delega, una volta approvata dal Parlamento, verranno specificati nei decreti delegati; lo dovranno fare tenendo conto delle disposizioni del regolamento europeo che si prevede saranno pubblicate in settembre, per poi entrare in vigore a scadenze dilazionate.

Una delle questioni più delicate che andrà affrontata, anche perché si pone non solo in relazione ai rischi della intelligenza artificiale, ma anche all’ applicazione delle direttive recenti – Corporate sustainably Reporting directive (2022/2464) e Corporate sustainability Due Diligence (CSDDD) -riguarda il controllo delle attività e dei possibili rischi causati dalle catene di fornitura legate alla impresa capofila, tanto più se queste usano gli stessi sistemi di intelligenza artificiale.

Fin qui ho parlato della regolazione riguardante i sistemi di intelligenza artificiale che sarà decisiva per indirizzarne correttamente l’impiego e anche per favorirne un impatto positivo sulle condizioni di lavoro.

L’impatto della intelligenza artificiale sulla quantità e qualità del lavoro

In realtà le implicazioni della IA sia sulla quantità sia sulla qualità della occupazione hanno carattere generale e dipendono da fattori molteplici, molti dei quali di difficile e incerto apprezzamento, anche perché non siamo ancora in grado di cogliere la dimensione delle possibili applicazioni della IA.

Per quanto riguarda l’impatto quantitativo, le previsioni di alcuni anni fa che prevedevano una ondata massiccia di disoccupazione conseguente alle nuove tecnologie digitali e all’ intelligenza artificiale non sono state finora confermate dai fatti.

Anzi le previsioni dell’ILO sono moderatamente ottimistiche e così le risultanze delle recenti ricerche di Inapp – Prometeia; queste prevedono possibilità che ci sia domanda aggiuntiva di occupazione (stimata in media di 0,6% annuo fra il 2022 e 2027) nei servizi sia nei servizi alla persona sia nelle professioni tecniche e in alcune di quelle intellettuali (Irene Brunetti, Rapporto Inapp; Lavoratori e imprese di fronte alle trasformazioni del mercato del lavoro, seminario Astrid 21 marzo 2024).

Indagini internazionali di varia fonte sottolineano come gli esiti occupazionali dipendano molto dalle scelte di sviluppo dei vari settori e delle imprese.

In particolare investimenti tempestivi in settori e tecnologie innovative possono attivare aumenti di domanda in grado di più che compensare le perdite causate delle tecnologie in settori e aree tradizionali.

Bilanci occupazionali positivi sono ipotizzabili specialmente nei lavori di cura e servizi alle persone come pure di manutenzione e salvaguardia del territorio, rigenerazione urbana, per cui esistono anche specifici fondi dedicati nei programmi NGEU, non solo in Italia.

Le due transizioni ecologica e digitale presentano possibilità di sviluppo anche occupazionale trascurate dall’ industrialismo del passato, comprese quelle del settore primario, della agricoltura e della agroalimentare, che possono dare anche un contributo a una economia climaticamente neutra.

La gestione di queste transizione, per essere socialmente sostenibile, richiederà di sostenere con aiuti economici (ammortizzatori sociali) e con progetti di riconversione professionale massicci trasferimenti di persone da settori e imprese in declino a settori in crescita: una sfida inedita per le nostre (deboli) politiche attive del lavoro.

Se le tecnologie intelligenti hanno un impatto incerto sulle quantità occupazionali, sono sicuramente destinate a cambiare i livelli e i mix di competenze richieste. Tutte le analisi prevedono che in generale si richiederanno ai lavoratori capacità cognitive e analitiche maggiori e una nuova forma di alfabetizzazione digitale.

L’Action plan europeo attuativo del Pillar of social rights postula che l’ 80% degli adulti dovrà possedere basic digital skills e che la maggioranza dei lavoratori dovrà essere annualmente in formazione per stare al passo con la evoluzione tecnologica.

Ma c’è di più: gli studi recenti, invece di preannunciare una Robo-Apocalypse, suggeriscono di specificare gli interventi formativi necessari per massimizzare le opportunità offerte dalle nuove tecnologie.

In generale si ritiene che strategie formative mirate sono necessarie per far acquisire ai lavoratori le capacita “tecniche, concettuali e umane” per operare in un ambiente tecnologicamente avanzato e mutevole.

Più specificamente sarà richiesta una inedita capacità di interloquire con le macchine intelligenti, anzi di “coesistere con i sistemi di IA”, perché “solo una relazione simbiotica con questi sistemi può compensare i loro possibili impatti occupazionali negativi” (vedi fra i tanti A. Zirar, S. Imran Ali, N. Islam, Worker and workplace artificial intelligence (AI): coexistence emerging themes and research agenda, in Technovation 124(2023),102747, pg.3).

Ma affinché tale possibilità si realizzi le imprese devono provvedere a fornire ai dipendenti le competenze necessarie a sviluppare questa “symbiotic relationship”.

Inoltre vari studi hanno osservato, anche con indagini sul campo, che tale interazione, se sostenuta da adeguata formazione è in grado di migliorare e aumentare le capacità operative dei lavoratori. In particolare nei settori dei servizi sanitari la interazione con sistemi di intelligenza artificiale permette a numeri crescenti di personale infermieristico di svolgere operazioni proprie tradizionalmente dei medici (David Autor, Applying AI to rebuild middle class jobs, Working papers, National Bureau of Economic Research, 32140, February 2024).

Così in diverse fabbriche del nostro settore metalmeccanico squadre di operai che utilizzano device intelligenti sono in grado di svolgere mansioni proprie di personale inquadrato tradizionalmente nei livelli tecnici.

Queste esperienze, pur se ancora iniziali, confermano come l’impiego di sistemi di intelligenza artificiale possa avere impatti positivi se è sostenuto da strategie aziendali che sappiano combinare investimenti innovativi con forme organizzative e con diffusione di competenze finalizzate a promuovere una interazione collaborativa fra lavoratori e macchine intelligenti.

Fonte: Il Sole 24ORE

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