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Modello 231 per garantire la selezione dei fornitori

Il tribunale di Milano ha di recente acceso i riflettori su appalti e manodopera

Hanno destato molto interesse, soprattutto tra gli operatori del settore, due provvedimenti del Tribunale di Milano, sezione autonoma misure di prevenzione, che hanno coinvolto due note aziende di moda: i decreti del 15 gennaio e del 3 aprile 2024.

Con il secondo decreto, nello specifico, è stata disposta l’applicazione della misura dell’amministrazione giudiziaria per presunte ipotesi di intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro che hanno interessato alcuni fornitori della società stessa.

In base a quanto emerso dalle indagini, infatti, la casa di moda affidava con contratto di appalto l’intera produzione a società committenti terze, le quali, però, provvedevano solo alla campionatura del materiale, esternalizzando la produzione dell’intera linea a opifici cinesi, potendo quindi abbattere i costi grazie all’impiego di manodopera irregolare e clandestina.

Invero, i lavoratori, seppur retribuiti per un impiego part-time, lavoravano in media dieci ore al giorno per sei giorni a settimana e dormivano in un locale abusivamente realizzato all’interno del capannone; i dispositivi di sicurezza sulle attrezzature erano stati rimossi e i lavoratori non erano mai stati sottoposti a visita medica, né avevano mai ricevuto formazione.

L’intero meccanismo è stato quindi ritenuto colposamente alimentato dalla società committente, che, pur non avendo partecipato nella commissione nel reato, non ha mai effettivamente verificato la capacità imprenditoriale delle società appaltatrici.

Garanzia di legalità

Anche alla luce di questi fatti appare sempre più evidente come il Modello organizzativo 231 non possa più essere confinato al ruolo di “circostanza esimente”, ma costituisca oggi una garanzia di “legale e virtuoso svolgimento” dell’attività d’impresa. Tale cambiamento, d’altra parte, non pare imposto solo dai nuovi orientamenti di giurisprudenza, ma anche (e con maggiore impatto) dal mercato, che vede consumatori sempre più attenti alla reputazione dell’impresa.

Nell’ambito dei Modelli 231 (o, comunque, nell’ambito delle procedure ivi richiamate) dovrebbe pertanto essere data grande importanza alla selezione dei fornitori “strategici”.

A tal fine il Modello potrebbe prevedere:

1) l’acquisizione di specifiche autodichiarazioni da parte del fornitore attestanti il rispetto della normativa in materia di salute e sicurezza sul lavoro, nonché del Durc in corso di validità;

2) la richiesta di una scheda, sottoscritta dal fornitore, indicante il numero di lavoratori impiegati nella produzione, il loro inquadramento (anche ai fini retributivi), i tempi di lavorazione previsti, le attrezzature da utilizzare e le modalità di lavorazione;

3) il richiamo, nell’ambito del contratto di appalto stipulato, alle prescrizioni del Codice etico e del Modello organizzativo (nonché al sistema disciplinare ivi individuato), con irrogazione di specifiche sanzioni al fornitore, come, ad esempio, l’immediata risoluzione del contratto in caso di violazione delle procedure stabilite;

4) la richiesta al fornitore di una dichiarazione attestante l’impegno alla verifica delle condizioni di lavoro presso i subappaltatori, ove presenti, con indicazione del nominativo dei subappaltatori coinvolti e dei documenti a questi ultimi richiesti (o, comunque, delle procedure di affidamento seguite). Se l’appaltatore è dotato di un’adeguata struttura produttiva può essere valutato un divieto di subappalto;

5) l’introduzione di clausole contrattuali volte a riconoscere la possibilità di effettuare audit periodici presso la sede del fornitore, al fine di verificare concretamente le condizioni dei lavoratori.

Nell’ambito della richiamata procedura di accreditamento del fornitore, rivestirà un ruolo di sicuro rilievo il possesso, da parte di quest’ultimo, di eventuali certificazioni Iso 9001, Iso 45001 e Iso 14001, nonché l’adozione di un Modello organizzativo 231.

Fonte: Il Sole 24ORE

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