Inail: riduzione del saggio di interessi e delle sanzioni
La riduzione del tasso legale degli interessi, di cui all’articolo 1284 del Codice civile, nella misura del 2% (in luogo di quella precedente del 2,5%), a partire dal 1° gennaio 2025 (Dm Mef 10 dicembre 2024), ha effetti anche sulla misura di riduzione massima delle sanzionicivili (è il caso della riduzione prevista per le imprese sottoposte a procedure concorsuali; cfr. circolare Inail 45/2024), come pure sulle sanzioni dovute in caso di mancato o ritardato pagamento di contributi o premi derivanti da oggettive incertezze connesse a contrastanti orientamenti giurisprudenziali o amministrativi sulla ricorrenza dell’obbligo contributivo, successivamente riconosciuto in sede giudiziale o amministrativa, a condizione che il versamento dei contributi o dei premi sia stato effettuato entro il termine fissato dagli enti impositori.
Riscossione
Soppressione codici tributo
La Rm 178/E/2005 ha istituito i codici tributo 6787 e 6788 per l’utilizzo in compensazione da parte dei sostituti d’imposta, tramite il modello F24, del credito maturato per effetto della restituzione delle ritenute su interessi e canoni operate a soggetti esenti, ai sensi del Dlgs 30 maggio 2005, n. 143. Questa disposizione ha recepito la Direttiva 2003/49/Ce, prevedendo l’esenzione dalle imposte relative ai pagamenti di interessi e canoni tra società consociate di Stati membri diversi dell’Unione europea.
La Cm 47/E/2005 ha precisato che i soggetti esenti, i quali avevano subito la ritenuta sui proventi maturati nel periodo dal 1°gennaio 2004 al 26 luglio 2005, avevano il diritto a chiederne la restituzione ai sostituti d’imposta che le avevano operate, senza riconoscimento degli interessi. A questi ultimi, poi, è stata riconosciuta la possibilità di recuperare le ritenute restituite utilizzando la compensazione in F24.
Essendo esaurite le ipotesi di utilizzo, viene disposta la loro soppressione
Immobili
Contratti preliminari: periodo di efficacia della trascrizione nei registri immobiliari
I contratti (anche preliminari) aventi a oggetto la concessione del diritto di superficie su terreni finalizzati alla installazione e all’esercizio di impianti produttori di energia da fonti rinnovabili (impianti fotovoltaici) hanno una durata minima di sei anni, con rinnovazione automatica, alla scadenza, per un ulteriore sessennio (articolo 5, comma 2-bis, Dl 63/2024, cd. Decreto Agricoltura). La norma ha disposto, inoltre, l’applicazione di tale disciplina anche ai contratti già stipulati e non ancora scaduti, fatta salva la facoltà di recesso.
La norma che ne ha esteso la durata minima, però, non ha previsto una deroga alla durata di efficacia delle trascrizioni nei registri immobiliari dei contratti preliminari, fissata in un massimo di 3 anni dall’articolo 2645-bis, comma 3 del Codice civile.
Con l’occasione l’agenzia precisa che il rinnovo, per ulteriori 6 anni dopo il primo periodo di durata contrattuale, dei contratti già in essere non è soggetto a formalità di pubblicità, trattandosi di un effetto voluto dalla legge.
Resta ferma, in ogni caso, la possibilità di pubblicare nei registri immobiliari un evento giuridico, nei casi e nelle forme di legge, nell’ipotesi in cui detto evento sia contenuto in un atto che rispetti i requisiti di forma di cui all’articolo 2657 del codice civile.
Imposte ipotecarie e catastali
Imposta ipotecaria negli accordi di mediazione
Sconta l’imposta ipotecaria nella misura del 2% (del valore iscritto) l’iscrizione di un’ipoteca giudiziale a garanzia di un credito riconosciuto nell’accordo di mediazione finalizzata alla conciliazione delle controversie civili e commerciali (nel caso esaminato nella Risposta si tratta di un riconoscimento di debito), il cui verbale costituisce titolo per l’iscrizione dell’ipoteca, per l’espropriazione forzata, per l’esecuzione per consegna e rilascio, per l’esecuzione degli obblighi di fare e non fare, nonché per l’iscrizione di ipoteca giudiziale (articolo 12, Dlgs 28/2010).
L’iscrizione non può godere dell’agevolazione prevista dall’articolo 17, comma 1, Dlgs 28/2010, il quale dispone che «tutti gli atti, documenti e provvedimenti relativi al procedimento di mediazione sono esenti dall’imposta di bollo e da ogni spesa, tassa o diritto di qualsiasi specie e natura», ivi inclusa l’imposta ipotecaria (Risposta Interpello, agenzia delle Entrate, 235/2020).
Secondo la Corte di Cassazione 11617/2020 la norma agevolativa, che come tale va interpretata restrittivamente, è applicabile ai soli atti concernenti il procedimento di mediazione quali l’istanza di mediazione, i documenti allegati, l’adesione alla mediazione, le eventuali memorie delle parti, la proposta di conciliazione del mediatore e il verbale di conciliazione, come pure la nomina e l’accettazione dell’incarico che l’organismo di conciliazione conferisce al mediatore. Diversamente, l’iscrizione dell’ipoteca giudiziale, successiva al procedimento di mediazione, non è effettuata «in dipendenza o al fine dello svolgimento dell’attività procedimentale, o comunque strumentale rispetto al procedimento di mediazione, in quanto attiene ad una fase successiva alla chiusura del procedimento, ovvero quella dell’esecuzione dell’accordo di mediazione».
In buona sostanza, i confini dell’esenzione non si estendono oltre il procedimento di mediazione.
Redditi di lavoro dipendente
Fringe benefit erogato mediante documento di legittimazione
I chiarimenti attengono alla determinazione del reddito di lavoro dipendente con riferimento ai fringe benefit, previsti dal piano di welfare aziendale, erogati tramite l’assegnazione ai lavoratori di carte di debito nominative. La soluzione proposta dall’istante è ammessa dalla disciplina (comma 3-bis dell’articolo 51 del Tuir), la quale – in deroga al principio di onnicomprensività di cui al comma 1 del medesimo articolo 51 – dispone la non concorrenza alla determinazione del reddito di lavoro dipendente se il valore dei beni e servizi in natura (tranne alcune eccezioni) non supera la soglia di 258,23 euro (comma 3 del menzionato articolo 51), temporaneamente innalzata anche dalla legge 207/2024.
L’istante precisa che la carta di debito potrà essere utilizzata dai dipendenti solo presso fornitori specificamente individuati (dà diritto a un solo bene, prestazione, opera o servizio per l’intero valore nominale, senza integrazioni a carico del titolare), e soltanto per i beni e i servizi messi a disposizione dal datore di lavoro, nel limite di spesa figurativo dallo stesso assegnato. Inoltre, la carta non è monetizzabile o convertibile in denaro, ed essendo nominativa, quindi utilizzabile unicamente dal dipendente, non è cedibile a terzi o commercializzabile (cfr. Cm 15 giugno 2016, n. 28/E). Come prevede l’articolo 6, comma 2, Dm Lavoro / Mef 25 marzo 2016, i fringe benefit possono essere cumulativamente indicati in un unico documento di legittimazione (la carta di debito nominativa o voucher cumulativo; cfr. Risposta Interpello 18 luglio 2019, n. 273), purché il valore complessivo degli stessi non ecceda il limite di importo previsto dalla legislazione vigente.
Redditi diversi
Somme corrisposte per consentire lo scioglimento di un contratto
Una società intende riconoscere alcune somme di denaro al committente persona fisica, a seguito della risoluzione per mutuo consenso del contratto.
Con riferimento all’articolo 67, comma 1, lettera l, del Tuir viene precisato che_
– la restituzione delle somme anticipate, a seguito della risoluzione del contratto per mutuo consenso, non assume rilevanza reddituale per il percipiente;
– l’indennizzo per la perdita del potere di acquisto a causa degli elevati tassi di inflazione costituisce reddito diverso;
– l’ulteriore somma riconosciuta per aver concesso lo scioglimento del contrattocostituisce reddito diverso.
Queste ultime si qualificano come somme derivanti dall’assunzione di un obbligo di fare, non fare o permettere, ai sensi dell’articolo 67 menzionato; in relazione ad esse dev’essere operata la ritenuta d’acconto del 20% all’atto del pagamento (articolo 25, comma 1, Dpr 600/1973).
Operazioni straordinarie
Fusione con società estera: estinzione della partita Iva
La fusione per incorporazione, che determina l’estinzione della società incorporata, determina l’impossibilità di proseguire l’attività con la partita Iva di quest’ultima sia se l’incorporata è un soggetto residente sia se si tratta della stabile organizzazione di un soggetto non residente.
In altre parole, estinguendosi la società viene meno anche il proprio identificativo fiscale.
Pertanto, il soggetto non residente incorporante per poter operare in Italia dovrà dotarsi di una nuova identificazione ai fini Iva (articolo 35, Dpr 633/1972, che disciplina l’inizio, la variazione e la cessazione). A tal fine occorrerà compilare il modello AA7/10, il quale deve essere utilizzato anche dai soggetti non residenti che si avvalgono di una stabile organizzazione in Italia, i quali non possono assumere una duplice posizione Iva nel territorio dello Stato. Si ricorda, infatti, che in presenza di una stabile organizzazione in Italia, non è consentito al soggetto non residente operare tramite rappresentante fiscale o mediante identificazione diretta per assolvere gli adempimenti relativi alle operazioni effettuate direttamente dalla casa madre. Tali operazioni, infatti, devono confluire nella posizione Iva attribuita alla stabile organizzazione operante nel territorio dello Stato.
L’agenzia chiarisce che la sezione 1 del quadro D va compilato in caso di operazioni straordinarie o di trasformazioni sostanziali soggettive, sia che comportino l’estinzione del soggetto d’imposta che ha subito la trasformazione (come la fusione o la scissione totale), sia che dalle stesse non derivi tale effetto e il soggetto trasformato continui ad operare con la propria partita Iva (come nei casi di conferimento, cessione, donazione di ramo d’azienda e scissione parziale). Nei casi di trasformazioni sostanziali soggettive da cui derivi l’estinzione del soggetto trasformato (incorporato, conferente, cedente, donante, ecc.), la compilazione di questa sezione comporta l’automatica cancellazione della sua partita Iva e, per le società, anche del relativo codice fiscale.
Pertanto, come detto, se la società incorporante è rappresentata da un soggetto non residente è obbligatorio procedere a una nuova attribuzione o identificazione per poter operare in Italia.
Dichiarazioni
Modello 730: diffuse le bozze
L’agenzia ha diffuso le bozze del Modello 730/2025 e delle relative istruzioni alla compilazione.
Tra le novità, viene segnalato che da quest’anno possono essere inclusi nel modello alcuni redditi soggetti a tassazione separata o ad imposta sostitutiva, come pure le plusvalenze di natura finanziari. Inoltre, nel modello sono introdotti i campi per accogliere le informazioni necessarie alla tassazione agevolata dei frontalieri e degli impatriati, il cd. bonus Natale (erogato con la tredicesima mensilità).
Si segnalano anche le modifiche per indicare l’assoggettamento delle unità immobiliari locate alle diverse aliquote della cedolare secca, nonché l’aumento dell’Ivie e dell’Ivafe.
Fiscalità internazionale
Dividendi esteri: credito d’imposta
Il documento fornisce una analisi delle situazioni che consentono di godere del credito per le imposte assolte all’estero in via definitiva sui dividendi di fonte estera percepiti, al di fuori dell’attività d’impresa, da persone fisiche residenti, soffermandosi sulla ipotesi in cui sia vigente una Convenzione contro le doppie imposizioni che non preveda espressamente la non spettanza del credito stesso per il reddito assoggettato a ritenuta / imposta sostitutiva secondo le disposizioni domestiche.
Secondo la norma nazionale, i dividendi distribuiti da soggetti non residenti sono assoggettati ad una ritenuta del 26%, operata dall’intermediario residente che interviene nella riscossione, al netto delle trattenute applicate nello Stato estero della fonte (cd. «netto frontiera») (articolo 27, commi 4 e 4-bis, Dpr 600/1973). In assenza di un intermediario residente che funge da sostituto d’imposta, si applica l’articolo 18 del Tuir, con assoggettamento dell’imposta sostitutiva, applicata nella misura del 26%, da applicare sull’utile percepito, al lordo delle eventuali ritenute operate all’estero a titolo definitivo (cd. «lordo frontiera»), come interpretato dalla Risposta Interpello 21 aprile 2020, n. 111. Secondo quest’ultimo documento di prassi, in tal caso (trattandosi di redditi di fonte estera che non concorrono alla formazione del reddito complessivo) neppure spetterebbe il credito d’imposta su quanto pagato all’estero in via definitiva, ai sensi dell’articolo 165, comma 1 del Tuir.
Secondo l’AIDC tale interpretazione contrasta con il principio di uguaglianza e di capacità contributiva (articoli 3 e 53 della Costituzione; cfr. denuncia AIDC Milano n. 15/2020)
L’Associazione, richiamando una sentenza della Corte di Cassazione (n. 10204/2024), sostiene che la persona fisica residente che percepisce, al di fuori dell’attività d’impresa, dividendi assoggettati a tassazione all’estero, ha diritto al corrispondente credito d’imposta, con esclusione del solo caso in cui la vigente Convenzione contro le doppie imposizioni stipulata con l’altra giurisdizione non ne precluda espressamente il riconoscimento, prevalendo in tal caso la norma pattizia su quella domestica.
Antiriciclaggio
Trasporto transfrontaliero dei contanti
In concomitanza con l’entrata in vigore delle nuove disposizioni (Dlgs 211/2024, in vigore dal 17 gennaio 2025, che ha adeguato il Dlgs 195/2008 al Regolamento Ue 2018/1672/Ue) applicabili all’entrata e all’uscita dai confini nazionali di denaro contante, le Dogane forniscono ulteriori indicazioni, dopo l’emanazione della circolare agenzia delle Dogane 12/D/2024. Nel passare in rassegna le novità normative, il documento di prassi analizza i seguenti aspetti: l’autorità competenti per l’accertamento, la definizione di «denaro contante», gli obblighi dichiarativi (denaro contante «accompagnato» e «non accompagnato»), il trattenimento temporaneo e l’impianto sanzionatorio.