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Partite Iva: secondo acconto entro il 16 gennaio con versamento unico o 5 rate mensili

Partite Iva, secondo acconto entro il 16 gennaio con versamento unico o 5 rate mensili
  • Quando Entro il 16 gennaio 2025

  • Cosa scade Versamento della seconda rata di acconto dovuto in base alla dichiarazione dei redditi

  • Per chi Persone fisiche titolari di partita Iva con ricavi o compensi dichiarati per il 2023 non superiori a 170mila euro

  • Come adempiere Pagamento in un’unica soluzione o in cinque rate mensili di pari importo, con applicazione degli interessi nella misura del 4% annuo sulle rate successive alla prima

1. In sintesi

Con la legge di conversione 189/2024 del Dl 155/2024, è stato recepito quanto anticipato con comunicato stampa Mef 136 del 27 novembre 2024nel quadro dei lavori parlamentari per la conversione del suddetto decreto.

Infatti, con l’inserimento dell’articolo 7-quater, è stato previsto il rinvio del versamento della seconda rata di acconto dovuto in base alla dichiarazione dei redditi. Dunque, la scadenza originaria del 2 dicembre (visto che il 30 novembre cadeva di sabato) è slittata al 16 gennaio 2025.

La proroga interessa i soli contribuenti persone fisiche titolari di partita Iva che nel periodo d’imposta precedente hanno dichiarato ricavi o compensi di ammontare non superiore a 170mila euro. Sono esclusi i contributi previdenziali e assistenziali e i premi assicurativi dovuti all’Inail.

Il versamento è possibile in un’unica soluzione o in cinque rate mensili di pari importo, a decorrere dal medesimo mese di gennaio ed entro il giorno 16 di ciascun mese, con applicazione degli interessi del 4% annuo sulle rate successive alla prima.

2. L’ambito di applicazione oggettivo

L’articolo 7-quater Dl 155 del 19 ottobre 2024, inserito dalla legge di conversione 189 del 9 dicembre 2024, in vigore dal 13 dicembre 2024, prevede il rinvio del versamento della seconda rata di acconto delle imposte dirette dal 30 novembre (rectius, 2 dicembre visto che la scadeva cadeva di sabato) al 16 gennaio 2025. La misura era stata già anticipata, nel quadro dei lavori parlamentari, da un comunicato stampa del 27 novembre 2024 del ministro dell’Economia e delle finanze, dopo l’approvazione del relativo emendamento da parte del Senato.

Il suddetto rinvio riguarda la seconda rata dell’acconto dovuto in base alla dichiarazione dei redditi. Restano esclusi, per espressa previsione di legge, i contributi previdenziali e assistenziali e i premi assicuratividovuti all’Inail.

Per beneficiare della proroga, i contribuenti persone fisiche titolari di partita Iva in base a quanto previsto dalla norma (come si dettaglierà nel prossimo paragrafo) non devono aver dichiarato per il periodo di imposta precedente ricavi o compensi superiori a 170mila euro.

La misura è analoga a quella prevista per l’anno precedente (rinvio della scadenza del 30 novembre 2023 al 16 gennaio 2024) con l’articolo 4 Dl 145/2023, conv. in legge 191 del 15 dicembre 2023.

Pertanto, in mancanza di nuovi chiarimenti, è possibile far ancora riferimento ai chiarimenti interpretativi forniti dall’agenzia delle Entrate con la circolare 31 del 9 novembre 2023. In particolare, allo scopo di verificare l’eventuale superamento della soglia di 170mila euro, l’Agenzia ha precisato che si deve fare riferimento ai compensi, nonché ai ricavi di cui all’articolo 57 Tuir. Sempre al medesimo fine deve altresì ritenersi rilevante l’ammontare complessivo dei ricavi dell’impresa familiare e dell’azienda coniugale.

Qualora il contribuente eserciti più attività, contraddistinte da codici Ateco differenti, ai fini del diritto all’accesso al differimento in esame, l’Agenzia ha ritenuto di dover assumere la somma dei ricavi e dei compensi relativi alle diverse attività esercitate. Inoltre, nel caso di esercizio contestuale, da parte della persona fisica, di un’attività di lavoro autonomo e di un’attività d’impresa, la circolare ha specificato che si assume la somma dei ricavi e dei compensi relativi alle attività esercitate.

L’ultimo periodo del primo comma dell’articolo 7-quater DL 155/2024 stabilisce che «per i titolari di reddito agrario, che siano anche titolari di reddito d’impresa, il limite di ricavi e compensi di cui al primo periodo si intende riferito al volume d’affari». La circolare 31/2023, in riferimento ad analoga previsione nell’articolo 4 Dl 145/2023, aveva precisato che il riferimento era in questo caso al campo VE50 del modello di dichiarazione Iva e che, per il contribuente non tenuto alla presentazione della dichiarazione Iva, rileva l’ammontare complessivo del fatturato dell’anno precedente.

A tal fine, deve tenersi conto, oltre che delle operazioni certificate tramite fattura, anche di quelle certificate mediante memorizzazione e trasmissione telematica dei corrispettivi.

Nel caso di un soggetto con altre attività commerciali o di lavoro autonomo, si deve tenere conto del volume di affari complessivo degli intercalari della dichiarazione Iva.

3. L’ambito soggettivo

Per quanto concerne i soggetti che possono avvalersi del differimento del termine di versamento, posto che la previsione era contenuta anche nell’articolo 4 del Dl 145/2023, anche in questo caso possono tornare utili i chiarimenti della citata circolare 31/2023. Dunque, gli interpreti sintetizzano come segue quanto previsto dall’articolo 7-quater.

Deve trattarsi di persone fisiche che contestualmente: i) sono titolari di partita Iva; ii) hanno dichiarato, con riferimento al periodo di imposta 2023, ricavi o compensi di ammontare non superiore a 170mila euro(indicati nel modello Redditi PF2024). Tale requisito presuppone che i contribuenti, nel 2023, abbiano svolto un’attività di impresa o di lavoro autonomo.

In particolare, la circolare 31/2023 ha precisato che beneficia del differimento in commento pure l’imprenditore titolare dell’impresa familiare o dell’azienda coniugale non gestita in forma societaria. In tal caso, tuttavia, stante la loro natura individuale, la circolare 31/2023 ha precisato che non possono fruire del rinvio i collaboratori familiari e il coniuge del titolare dell’impresa (salvo che non siano, a loro volta, titolari di una propria partita Iva).

Secondo l’agenzia delle Entrate, rientrano nella misura in oggetto anche i contribuenti tenuti a versare in un’unica soluzione l’acconto delle imposte sui redditi, dovuto in base alla dichiarazione dei redditi, considerata la ratio della norma agevolativa, volta a differire i versamenti delle imposte con scadenza nel mese di novembre, per i lavoratori autonomi e i titolari di reddito di impresa.

Tenuto conto del dato letterale della norma, oltre a quanto detto poco sopra nell’ambito dell’impresa familiare e dell’azienda coniugale, devono ritenersi esclusi dall’ambito di applicazione della misura: i) le persone fisiche non titolari di partita Iva (ad esempio, i soci, non titolari di una autonoma partita Iva, di società di persone o di capitali i cui redditi sono stati imputati a loro in applicazione del principio di trasparenza ai sensi degli articoli 5 e 116 Dpr 917/1986); ii) le persone fisiche titolari di partita Iva che, con riferimento all’anno di imposta 2023, hanno dichiarato nel modello Redditi PF2024 ricavi o compensi di ammontare superiore a 170mila euro (in base a elementi e modalità di calcolo descritti nel paragrafo precedente); iii) i soggetti diversi dalle persone fisiche (ad esempio, società ed enti non commerciali).

4. Le modalità e le condizioni di pagamento

Il versamento di quanto dovuto deve dunque essere effettuato, in forza del rinvio in commento, entro il 16 gennaio 2025. La norma consente anche la possibilità di rateizzare le somme, in cinque rate mensili di pari importo, a decorrere dal medesimo mese di gennaio, aventi scadenza il giorno 16 di ciascun mese (fino a maggio). Sulle rate successive alla prima sono dovuti gli interessi di cui all’articolo 20, comma 2, Dlgs 241/1997.

Occorre pertanto ora far riferimento all’articolo 5, comma 1, del decreto 21 maggio 2009 del ministro dell’Economia e delle finanze che stabilisce che gli interessi per i pagamenti rateali, previsti dall’articolo 20 Dlgs 241/1997, sono dovuti nella misura del 4 per cento annuo.

5. Il coordinamento applicativo con la proroga dell’adesione al Cpb

Il rinvio va accolto con favore, dal momento che consente di risolvere, con un migliore coordinamento applicativo, possibili problematiche per i soggetti che aderiscono al concordato preventivo biennale, di cui agli articoli 1022 Dlgs 13/2024. In particolare, nella Gazzetta Ufficiale 267 del 14 novembre 2024 era stato pubblicato il Dl 167 del 2024 che ha riaperto il termine di adesione al concordato preventivo biennale, inizialmente previsto il 31 ottobre 2024.

In base a quanto stabilito dall’articolo 1 DL 167/2024, la nuova scadenza è stata fissata al 12 dicembre 2024 e ha riguardato i soggetti che applicano gli Isa. Tale previsione è appunto confluita, in sede di conversione, nell’articolo 7-bis Dl 155/2024. Tale riapertura dei termini di adesione al concordato preventivo entro il 12 dicembre necessitava di essere coordinata con la scadenza del 2 dicembre per il versamento degli acconti. In sostanza, il problema, con eventuale possibilità di ravvedimento, si poteva porre per le somme (già) versate (in misura inferiore al dovuto) da quei soggetti che avevano aderito tra il 3 e il 12 dicembre.

Pertanto, la proroga, già annunciata nel comunicato del Mef del 27 novembre, appare utile in questo caso perché può interessare anche i contribuenti che hanno aderito al concordato preventivo biennale entro il 12 dicembre, che possono quindi pagare quanto dovuto entro il 16 gennaio 2025.

Salvo diverse interpretazioni, dovrebbe essere consentito anche in tal caso di optare per la rateazione.

 
Fonte: Il Sole 24 Ore

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