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Va riconosciuto il danno non patrimoniale anche a fronte di una richiesta generica

E’ il principio affermato dalla Corte di cassazione con ordinanza del 23233/2024

La domanda con la quale un soggetto chieda il risarcimento dei danni a lui cagionati da un dato comportamento del convenuto, senza ulteriori specificazioni, si riferisce a tutte le possibili voci di danno originate da quella condotta; pertanto, a fronte di una domanda di risarcimento pure generica, che utilizzi formule: “danni tutti, patrimoniali e non patrimoniali, patiti e patiendi”; danno “subìto e subendo”, come nel caso di specie, ed in assenza di ulteriori allegazioni, deve riconoscersi anche la voce di danno non patrimoniale. Questo è il principio affermato dalla Corte di cassazione con ordinanza del 28 agosto 2024, n. 23233.

Preliminarmente, al fine di comprendere meglio l’esito della Cassazione, sul punto è necessario comprendere la natura degli interventi possibili bel giudizio ed in particolare del terzo in causa.

Interventi in giudizio

Il primo intervento ai sensi del Codice di procedura civile è quello volontario ovverosia secondo l’articolo 105 c.p.c. ciascuno può intervenire in un processo tra altre persone per far valere, in confronto di tutte le parti o di alcune di esse, un diritto relativo all’oggetto o dipendente dal titolo dedotto nel processo medesimo e inoltre può altresì intervenire per sostenere le ragioni di alcuna delle parti, quando vi ha un proprio interesse. Il secondo tipo di intervento di nostro interesse è quello del terzo ovverosia ai sensi dell’articolo 16 del Codice di procedura civile ciascuna parte può chiamare nel processo un terzo al quale ritiene comune la causa o dal quale pretende essere garantita.

Questo tipo di chiamata viene denominata chiamata in causa del terzo che si attua mediante un atto di citazione con il quale il terzo deve essere messo a conoscenza di tutte le attività processuali svolte fino al momento della sua chiamata. Infine, il terzo tipo di intervento è quello su ordine del giudice, infatti ai sensi dell’articolo 107 del codice di procedura civile il giudice, quando ritiene opportuno che il processo si svolga in confronti di un terzo al quale la causa è comune, né ordina l’intervento.

Il caso esaminato

Il sig. Sempronio aveva citato innanzi al Tribunale competente Caio per chiederne la condanna all’eliminazione dei difetti presenti nell’immobile acquistato da lui e alla corresponsione della differenza tra il prezzo d’acquisto e il minor valore dell’immobile, nonché al risarcimento dei danni subito a seguito di tutti i difetti emersi. Sempronio sosteneva che aveva acquistato da Caio una porzione di immobile al cu interno aveva dato subito evidenza di forte umidità, ma che secondo il venditore era da attribuire ad un solo malfunzionamento di una pompa dell’acqua chiara del fabbricato; tuttavia, smentito dal fatto che traferitosi nell’immobile l’umidità è continuata a permanere anche successivamente.

Il sig. Caio invece alla luce delle domande attoree chiede la chiamata in causa della ditta costruttrice alfa S.r.l.. Il Tribunale competente alla luce delle varie tesi difensive ha condannato Caio ad una somma corrispondente alla riduzione del prezzo, ma ha escluso la responsabilità della società Alfa poiché il convenuto non aveva esperito una vera e propria azione ex articolo 1669 del codice civile.

Sul punto, il signor Caio decise di ricorrere in appello per la corte competente sostenendo che il giudice non avesse tenuto conto del fatto che la società immobiliare Alfa S.r.l. doveva tenere indenne il venditore. La Corte d’appello alla luce delle varie difese dei signori Sempronio, Caio e della società immobiliare Alfa ha accolto l’appello principale condannando la società immobiliare Alfa S.r.l. a tenere indenne Caio da tutte le conseguenze economiche della condanna del venditore, oltre alla refusione di tutte le spese legali. Alla luce della sentenza della Corte d’appello la società immobiliare S.r.l. decise di ricorrere in cassazione supportato da quattro motivi.

Il primo motivo denuncia violazione e/o falsa applicazione dell’articolo 345 del Codice di procedura civile, e dell’articolo 163, comma 3, n. 5) del Codice di procedura civile sull’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione. Il secondo motivo denuncia la violazione e falsa applicazione violazione dell’articolo 163, n. 3) cod. proc. civ., laddove la norma dispone che la citazione deve contenere la determinazione della cosa oggetto della domanda e dell’articolo 164, comma 4, cod. proc. civ.

Il terzo motivo denuncia la violazione dell’articolo 106 cod. proc. civ. nella parte in cui distingue la chiamata del terzo al quale la parte ritiene comune la causa e la chiamata del soggetto dal quale la parte pretende di essere garantita, e dell’articolo 1494 cod. civ. che dispone che il compratore sia tenuto a risarcire il danno se non prova di aver ignorato senza colpa l’esistenza dei vizi della cosa.

Infine, la ricorrente con il quarto motivo denuncia violazione dell’articolo 1669 cod. civ., nella parte in cui prevede che in presenza di gravi difetti il committente (o i suoi aventi causa) deve, a pena di decadenza, farne denuncia entro un anno dalla scoperta e promuovere l’azione entro un anno dalla scoperta.

La decisione della Cassazione

La Corte di cassazione, con la citata ordinanza 28 agosto 2024, n. 23233 ha accolto il terzo motivo rigettando gli altri motivi di ricorso da parte della società immobiliare Alfa S.r.l.

Infatti, gli ermellini, hanno evidenziato che con riferimento alla causazione del danno vi è comunanza del rapporto controverso, e che si tratta di chiamata del terzo responsabile e di conseguenza la Corte d’Appello competente avrebbe dovuta valutare la specifica responsabilità del venditore Caio deviante dal medesimo fatto causativo del danno, ossia il vizio di costruzione dell’immobile imputabile alla società costruttrice.

Sulla scorta di tali motivazioni la Corte di cassazione ha rigettato i primi due motivi, dichiarando inammissibile il quarto ma accogliento il terzo motivo di ricorso, con la conseguente cassazione della sentenza impugnata in relazione alla censura accolta rinviando alla Corte d’Appello competente che deciderà anche sulle spese di competenza del giudizio.

Fonte: Il Sole 24ORE

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