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Rettifiche sulle royalties nel transfer pricing: i riflessi sulle ritenute

L’importo che cede i valori di mercato è tassato: possibili ipotesi di rimborso

Le rettifiche di transfer pricing riguardanti il valore di libera concorrenza di royalties e tassi di interesse su finanziamenti hanno sempre ripercussioni ai fini delle ritenute. Infatti, le convenzioni contro le doppie imposizioni – così come la direttiva 2003/49/Ce – stabiliscono che l’ammontare eccedente il prezzo di libera concorrenza non può usufruire della ritenuta più bassa prevista dal trattato o dell’esenzione contenuta nella direttiva, poiché resta imponibile in base alla legislazione di ciascuno Stato contraente. Pertanto, su tale eccedenza l’Agenzia applica la ritenuta piena prevista dalla normativa interna, deducendo quanto eventualmente già pagato in base alla convenzione. Inoltre, anche in presenza di disapplicazione delle sanzioni perché il contribuente è in possesso di idonea documentazione di transfer pricing (articolo 2, comma 4-ter, del Dlgs 471/97) viene comunque applicata la sanzione del 20% per omessa effettuazione della ritenuta piena.

È importante segnalare che l’imponibilità in conformità alla legislazione di ciascuno Stato deve avvenire tenuto conto delle altre disposizioni della convenzione. Il commentario Ocse precisa che la natura del pagamento in eccesso deve essere verificata caso per caso per capire in quale categoria di reddito rientra (e in caso di dubbi è necessario adire la procedura amichevole). Ad esempio, si potrebbe argomentare che l’eccesso di pagamento è un’obbligazione di fare, non fare o permettere in forza della quale il soggetto estero ha permesso l’uso degli intangibili o ha messo a disposizione il capitale. Un tale tipo di obbligazione dovrebbe rientrare nella disposizione convenzionale relativa agli altri redditi (other income), con la conseguente tassazione esclusiva nel paese del percipiente. Ciò escluderebbe la ritenuta sull’importo in eccesso e la sanzione del 20 per cento.

Vi può essere un’altra soluzione, esperibile per le procedure amichevoli, vale a dire subordinare l’eliminazione della ritenuta (e della relativa sanzione) alla restituzione dell’importo in eccesso rispetto al prezzo di libera concorrenza. In tal modo la “base imponibile” sulla quale dovrebbe essere applicata la ritenuta secondo la normativa interna viene meno per effetto della restituzione.

L’ipotesi pone due ulteriori questioni.

  • Vi è il dubbio se l’importo restituito al soggetto italiano possa essere visto come una sopravvenienza attiva tassabile. La risposta dovrebbe essere negativa anche alla luce delle indicazioni fornite dalle Entrate in un caso di adeguamento all’esito di un accertamento con adesione (risposta 233/2022). L’importo restituito è già stato tassato per via della rettifica di transfer pricing per cui una sua ulteriore tassazione creerebbe una doppia imposizione vietata dall’articolo 163 del Tuir (il principio sembra applicabile anche in caso di Map).
  • Il secondo dubbio riguarda l’effetto della restituzione sull’eventuale ritenuta convenzionale originariamente applicata. Il problema non si pone in caso di applicazione della direttiva che prevede l’esenzione; se invece è stata applicata la ritenuta (non tutte le convenzioni infatti eliminano del tutto la ritenuta in uscita) si pone la questione se sia possibile ottenere il rimborso di quanto originariamente versato dal sostituto italiano.

 

Bisogna innanzitutto ragionare sui termini di decadenza in Italia: riferendosi al versamento originario della ritenuta, i quattro anni per il rimborso (articolo 38 del Dpr 602/73) potrebbero essere già spirati; a diversa conclusione si giungerebbe se si facesse riferimento al termine dei due anni dal giorno in cui si è verificato il presupposto per la restituzione ex articolo 21 del Dlgs 546/92, che coinciderebbe con il momento del riversamento dell’eccesso al soggetto italiano.

Resta da verificare cosa è avvenuto nel Paese estero. Se la ritenuta sull’importo in eccesso non è stata scomputata/utilizzata dal percipiente straniero, il rimborso sarebbe ipotizzabile (pena una doppia imposizione). In caso contrario, lo scomputo all’estero potrebbe rendere difficile ottenere il rimborso poiché si finirebbe per ottenere una doppia non imposizione. Andrebbero poi considerati i termini di decadenza esteri per rettificare la posizione del percipiente straniero e andrebbe chiarito se anche per il rimborso valgono le previsioni di quei trattati per cui gli esiti delle Map si applicano a prescindere dai termini di decadenza interni.

Fonte: Il Sole 24ORE

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