Da qui al 2030, per effetto delle dinamiche demografiche, ogni anno mancano all’appello mediamente 150mila lavoratori, per il 70% uomini, come saldo tra flussi in entrata (oltre 450mila unità) e flussi in uscita crescenti (in media superiori alle 600mila unità).
È l’altra faccia del disalineamento tra domanda e offerta di lavoro messa in luce dall’analisi del Monitor “Il mercato del lavoro in Italia, tra record e mismatch” realizzato dall’Area studi Legacoop e Prometeia, che non è solo dovuto alla difficoltà di reperire le competenze ricercate dalle imprese, ma anche al progressivo invecchiamento della popolazione che ogni anno riduce la platea di occupabili. Al 2030 si stima che saremo 805mila in meno, ma mentre gli individui con almeno 65 anni aumenteranno di circa 1,5 milioni di unità, quelli in età lavorativa (15-64 anni) diminuiranno per un ammontare pressoché corrispondente. Una pressione aggiuntiva arriva dal pensionamento dei baby boomers, destinata a crescere nei prossimi anni. Tutto ciò in un quadro che vede da un lato il calo di oltre 2 punti percentuali del tasso di disoccupazione registrato tra il primo trimestre 2020 e il secondo trimestre 2024 (dal 9,1% al 6,9%), quando si è raggiunto il livello più basso da luglio 2008 di persone alla ricerca del lavoro, e dal’altro il concomitante aumento del tasso di vacancy che è quasi triplicato, passando da 0,6% a 1,7%, altro campanello d’allarme della presenza di un mismatch tra domanda e offerta. Il risultato di questa dinamica è la crescente difficoltà delle imprese a reclutare lavoratori: nel 2023 il 40% delle imprese nel settore dei servizi e il 9% nel settore manifatturiero segnalava la mancanza di lavoratori come un ostacolo alla produzione.
Nel 2023 il 45% delle assunzioni pianificate era difficile da reperire, con differenze per livello di istruzione. Per i lavoratori a basso livello di istruzione, il problema è di numerosità: sono più del 50% della domanda, cresciuta molto negli ultimi anni. Al contrario, l’offerta non riesce a tenere il passo della domanda, anche a causa della transizione demografica. Mentre per i lavoratori ad alto livello di istruzione, il problema è il disallineamento tra la loro specializzazione e quella richiesta dal mercato. Se per discipline economiche, ingegneria e architettura, scienze dell’educazione l’offerta di nuovi laureati non copre la domanda, per medicina e farmacia il mismatch è quasi nullo, il rapporto si inverte per le discipline umanistiche, scienze politiche, lingue straniere (l’offerta è quasi il triplo della domanda), in psicologia (offerta quasi quadrupla della domanda). C’è poi il problema dei Neet, dopo la Romania l’Italia ha la più alta percentuale di giovani che non studiano, non lavorano e non si formano (21,25%), quasi uno su due in Calabria.
«La mancanza di manodopera per oltre un terzo delle nostre cooperative è il primo problema per lo sviluppo aziendale – spiega Simone Gamberini, presidente di Legacoop- ben davanti ai costi delle materie prime, in alcuni settori e territori lambisce il 60%. Occorre un cambio di mentalità: istruzione, formazione, politiche attive del lavoro sono la soluzione sia ai problemi delle persone sia del sistema produttivo. Servono interventi per adeguare le competenze e una gestione diversa delle politiche migratorie».