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Professionista sanzionabile per le violazioni della società

Negli illeciti tributari pesa il contributo agevolativo anche psicologico. Il principio è in contrasto con i precedenti ormai consolidati della sezione

Il professionista, quale soggetto terzo rispetto alla società può essere sanzionato, a titolo di concorso, per le violazioni tributarie commesse dall’ente. A fornire questo principio è la sentenza n. 20697/2024 depositata il 25 luglio della Cassazione che si pone in contrasto con l’orientamento, pressoché unanime, della stessa sezione della Suprema Corte.

La pronuncia rappresenta un monito per la responsabilità dei professionisti nell’attività di consulenza tributaria. Un notaio aveva stipulato ripetuti atti di cessione di crediti effettuati da varie società di capitali, poi censurati dall’amministrazione finanziaria. L’ufficio irrogava le sanzioni, anche al notaio, ritenuto concorrente negli illeciti.Il professionista si difendeva (con tesi confermata nei gradi di merito) evidenziando che, in base all’articolo 7 del Dl 269/2003 le sanzioni amministrative relative al rapporto fiscale proprio di società o enti con personalità giuridica sono esclusivamente a carico della persona giuridica.

Sul punto, la Cassazione – con orientamento sinora univoco – ha sempre sostenuto che in virtù di tale disposizione, le sanzioni sono esclusivamente a carico della persona giuridica risultando irrilevante la posizione del terzo (dipendente, amministratore, professionista terzo, ecc) rispetto all’ente.Ora invece, secondo la sentenza, l’articolo 9 del Dlgs 472/1997, relativo al concorso di persone, rende applicabile la sanzione a tutti coloro che offrono un contributo materiale e psicologico alla realizzazione dell’illecito tributario, compresi i soggetti che apportano un contributo comunque agevolatore rispetto alla realizzazione dell’illecito tributario. Ciascun concorrente soggiace alla sanzione, fatta salva la diversa ipotesi di responsabilità solidale.La previsione dell’articolo 7 del Dl 269/2003 sulla riferibilità delle sanzioni alla persona giuridica concerne il collegamento con le persone legate ad essa da un rapporto organico (di diritto o di fatto) restando invece applicabile la sanzionabilità, ex articolo 9 del Dlgs 472/1997, dei terzi concorrenti persone fisiche (tra i quali, ovviamente, i professionisti).

Secondo la pronuncia, l’esclusione della sanzione (ex articolo 7) riguarda solo le persone fisiche “interne” alla società (amministratori, dipendenti, dirigenti, ecc), ma non anche gli “esterni” (consulenti, terzi, ecc).Per l’applicazione della sanzione, il soggetto attivo dell’illecito si identifica in chi materialmente ha posto in essere la violazione tributaria a mezzo di condotta commissiva od omissiva, ma ciò non esclude l’eventuale concorso morale o materiale di altre persone fisiche, autonomamente sanzionabili (a titolo di concorso di persone). Quindi la sanzione va irrogata all’autore e a coloro che abbiano comunque dato un contributo causale, anche se esclusivamente sul piano psichico. La decisione si pone in netto contrasto con i precedenti orientamenti della stessa sezione della Cassazione vi è quindi da sperare che, ove il nuovo principio non resti isolato, la questione venga posta al vaglio delle Sezioni Unite. Sotto un profilo operativo, se l’orientamento fosse confermato, ed applicato dall’agenzia delle Entrate, come avvenuto in passato nei confronti di vari commercialisti per illeciti commessi dai clienti, nell’attività di consulenza è necessaria estrema cautela. Infatti, come sottolineato dalla sentenza, il terzo risponde anche soltanto per il suo apporto psicologico/morale a nulla rilevando l’eventuale assenza di beneficio economico in capo al professionista.

Peraltro, la recente riforma delle sanzioni (Dlgs 87/2024) sul punto si limita ad estendere anche agli enti privi di personalità giuridica la riferibilità delle sanzioni tributarie, ma non interviene sul concorso di persone su cui si basa il principio contenuto nella sentenza. Ne consegue che esso trova applicazione anche dopo la riforma.

Ai professionisti che esercitano la consulenza fiscale resta l’unico “scudo” dell’assenza di dolo o colpa grave ma solo nei casi in cui si riuscirà a provare che si tratta di questioni di speciale difficoltà (ex articolo 5 Dlgs 472/97): circostanza non sempre agevole da allegare. In caso di conferma del nuovo orientamento, vi è da sperare in un intervento dei rappresentanti delle categorie professionali onde valutare una modifica normativa.

 
Fonte: Il Sole 24ORE

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