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Contestazione del valore doganale, la sequenza è vincolante

Le metodologie per la quantificazione del valore non sono di libera scelta ma l’ufficio si deve attenere alla successione imposta dalle norme

In caso di contestazioni circa il valore dichiarato in dogana, l’agenzia delle Dogane deve rispettare la rigida sequenza procedurale imposta dalla normativa. Ed infatti, in caso di inapplicabilità del metodo del valore della transazione, l’Amministrazione doganale è tenuta a rideterminare il valore dei beni impiegando il metodo immediatamente sussidiario a quello del prezzo pagato o da pagare per le merci presentate in dogana. In difetto, la ripresa erariale è infondata. Ad affermarlo è l’ordinanza 12512/2024 della Cassazione. La disciplina di riferimento è dettata dagli articoli 2930 e 31 del Codice doganale comunitario: il criterio base di determinazione del valore dei beni è quello del «valore della transazione», ovverosia il prezzo contrattualmente previsto tra le parti pagato o da pagare per la transazione commerciale posta in essere.

Il prezzo della transazione diviene il criterio di riferimento per l’individuazione del corretto valore; tuttavia, si tratta di un concetto di carattere generico che, in quanto tale, può subire delle eccezioni previste dalla normativa, che possono includere o escludere taluni elementi ai fini della determinazione della base imponibile doganale. In ogni caso, ogni elemento aggiunto al prezzo pagato o da pagare deve fondarsi su dati oggettivi e quantificabili.

Tale criterio fondamentale permette così di assicurare l’equità e il rispetto del principio di capacità contributiva nell’obbligazione doganale; tuttavia, al fine di evitare delle distorsioni a tale metodo, le parti contraenti devono rispettare delle specifiche condizioni, pena l’inapplicabilità di tale metodologia di calcolo e il ricorso a strumenti alternativi di determinazione del valore dei beni.

Sono poi previsti degli ulteriori metodi, quale:

  • il valore di transazione di merci identiche, fondato su merci vendute per l’esportazione a destinazione Unione europea, pressappoco nello stesso momento, allo stesso livello di commercializzazione e dello stesso quantitativo;
  • il valore di transazione di merci similari, basato sul presupposto che l’operazione di importazione sia avvenuta alle medesime condizioni;
  • il valore dedotto, dove viene considerato il valore dedotto dal prezzo di vendita nell’Unione europea di merci identiche o similari, nel massimo quantitativo e nel medesimo momento temporale, tra altri operatori terzi;
  • il valore calcolato o ricostruito, destinato a valorizzate i costi di produzione;
  • il valore determinato conformemente ai dati disponibili dell’Unione europea.

 

Tali metodologie non sono di libera scelta, ma sono frutto di una rigida sequenza procedurale: essi sono vincolanti nella rigida gerarchia e le parti non sono libere di scegliere un criterio di calcolo piuttosto che un altro, dovendosi attenere alla successione imposta dalle norme.

L’Ufficio doganale, laddove intenda rettificare il valore delle merci dichiarato dalle parti sulla base del metodo del valore della transazione, dovrà attenersi ad un’articolata e rigida procedura, volta ad assicurare il contraddittorio tra amministrazione finanziaria e contribuente e il rispetto del principio di motivazione adeguata della rettifica.

Infatti, laddove vi sia un fondato dubbio da parte della Dogana, la stessa è tenuta ad avviare un contraddittorio con l’interessato. Il contribuente può così dimostrare, tramite opportuni mezzi di prova anche documentali, che il prezzo dichiarato corrisponde effettivamente a quello pagato o da pagare per le merci presentate in dogana.

Solo all’esito di tale operazione, laddove l’Ufficio doganale abbia ancora dei dubbi sul valore, quest’ultimo può adottare una decisione adeguatamente motivata e supportata da idoneo impianto probatorio di rideterminazione del valore indicato dall’importatore.

È evidente che detta procedura di rideterminazione sia improntata ai principi di leale collaborazione tra le parti, nonché di contraddittorio e adeguata motivazione: l’Ufficio doganale non può procedere apoditticamente ad una rettifica del valore della merce in dogana senza indicare le ragioni e le prove che legittimano l’uso di un metodo alternativo rispetto a quello del valore della transazione.

Ed infatti, la sequenza procedurale indicata dalla normativa unionale è rigida, imponendo di rispettare la gerarchia tra i diversi criteri, salvo che sussistano delle valide ragioni per cui sia impossibile osservare detto iter.

Fonte: Il Sole 24ORE

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