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Vitalizio in cambio di quote sociali: il contratto è unico per il registro

L’alienazione è definita da un solo atto che stabilisce il corrispettivo. Il patto per il pagamento non integra gli estremi di un accordo separato

La costituzione di un vitalizio quale corrispettivo della cessione di quote societarie non integra gli estremi di un autonomo contratto e, dunque, non va sottoposta a tassazione ulteriore rispetto a quella stabilita per la vendita della partecipazione sociale. Lo afferma la Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Liguria nella sentenza n. 273, sezione 3, depositata il 15 aprile scorso.

Il giudizio scaturisce dall’impugnazione di un avviso di liquidazione, emesso dall’agenzia delle Entrate nei confronti di un notaio per il recupero dell’imposta di registro relativa a un atto di alienazione di quote sociali, per il cui corrispettivo era stata pattuita la costituzione di una rendita vitalizia di ottocento euro al mese.

Il rogito era stato tassato a imposta fissa in base all’articolo 11 della parte prima della Tariffa allegata al Dpr 131/1986 (Testo unico delle disposizioni concernenti l’imposta di registro), relativo agli atti pubblici «aventi per oggetto la negoziazione di quote di partecipazione in società».

Secondo le Entrate, però, l’atto conteneva due autonome disposizioni, ovvero la vendita e l’istituzione di un vitalizio, e così al notaio era stato chiesto il pagamento del tributo stabilito per la rendita.

Il giudice di primo grado aveva annullato l’avviso, ritenendo che l’agenzia delle Entrate avesse effettuato una ricostruzione “atomistica” della vicenda: in sostanza, affermare che l’atto contenesse due disposizioni negoziali autonome significava disconoscere l’esistenza di un unico contratto a prestazioni corrispettive.

Nel confermare la sentenza, la Corte di secondo grado ligure ribadisce che la previsione di un patto per il pagamento della rendita non integra gli estremi del richiamo a un accordo raggiunto precedentemente tra i medesimi stipulanti; situazione, questa, disciplinata dal comma 1 dell’articolo 22 del Dpr 131/1986, il quale dispone che, se in un atto sono enunciate disposizioni contenute in atti scritti posti in essere fra le stesse parti intervenute nell’atto che contiene l’enunciazione, l’imposta si applica anche alle disposizioni richiamate.

Infatti – prosegue la Corte – la costituzione del vitalizio è contestuale al trasferimento della partecipazione societaria, e dunque rappresenta l’unica causa della cessione di quote, «al pari di quello che avrebbe potuto essere un prezzo determinato» quale controprestazione del negozio traslativo.

Inoltre, il giudice ligure evidenzia che, al più, l’omissione di versamento avrebbe riguardato non l’imposta principale, bensì quella complementare.

Dunque, il notaio ricorrente non sarebbe stato responsabile, in solido con le parti contraenti, del relativo pagamento, ciò essendo escluso dal comma 2 dell’articolo 57 del Dpr 131/1986.

Così, ritenuto che la tassazione autonoma della rendita sia illegittima, la Corte respinge l’appello delle Entrate e, considerata la novità della questione, compensa tra le parti le spese del grado.

Fonte: Il Sole 24ORE

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