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Piani di ristrutturazione omologati, possibile la cessione d’azienda

Lo prevede il decreto correttivo al Codece della crisi approvato in prima lettura dal Consiglio dei ministri

Il piano di ristrutturazione omologato (Pro) deve necessariamente prevedere la continuità aziendale, che può essere diretta o indiretta. Non sono ammesse proposte concorrenti e sarà invece possibile la transazione fiscale.
Sono le principali novità previste in materia di Pro dallo schema di decreto correttivo al Codice della crisi d’impresa approvato in prima lettura dal Consiglio dei ministri il 10 giugno scorso.

Viene chiarito che il Pro non può avere scopo meramente liquidatorio (in dottrina molti sostenevano il contrario e qualche tribunale aveva omologato piani liquidatori: ad esempio il Tribunale di Vicenza, decisione del 17 febbraio 2023). È però consentita la continuità indiretta: anche prima dell’omologazione, il tribunale, verificata la funzionalità rispetto alla continuità aziendale e alla migliore soddisfazione dei creditori, può autorizzare la cessione in qualunque forma dell’azienda o rami di essa, senza relativi debiti (salvi i diritti dei lavoratori ai sensi dell’articolo 2112 del codice civile). L’acquirente va scelto attraverso una selezione competitiva.

Non sono ammesse proposte concorrenti, perché l’iniziativa è solo dell’imprenditore. Nelle società la decisione spetta agli amministratori, ai sensi dell’articolo 120-bis del Codice della crisi, applicabile a tutti gli strumenti di regolazione della crisi e quindi anche al Pro.

Rispetto alle bozze già circolate, spicca l’inserimento della disciplina dei crediti erariali.

Il nuovo comma 1-bis dell’articolo 64-bis del Codice detta una disciplina autonoma, rinviando al (nuovo) articolo 88 che disciplina i crediti fiscali e contributivi nel concordato (si veda l’articolo a sinistra), solo per l’individuazione degli uffici competenti ad esprimere il voto e per alcuni aspetti procedurali.

La proposta di transazione andrà presentata prima del deposito della domanda di omologazione del piano. Si può offrire il pagamento «parziale o dilazionato» dei carichi fiscali e previdenziali, accessori compresi: la formula leggermente diversa rispetto agli articoli 63 e 88 (ove si parla di pagamento parziale «o anche» dilazionato) pare un difetto di coordinamento testuale, che tuttavia non dovrebbe impedire Pro che prevedano tanto la dilazione quanto la falcidia. Gli uffici devono rispondere entro novanta giorni e, in caso di modifiche, hanno un maggior termine di sessanta giorni. La proroga è di novanta giorni se la modifica «si sostanzia in una nuova proposta»: prevedibile che vi saranno incertezze e contrasti interpretativi sulla distinzione tra mera modifica e nuova proposta.

Alla proposta deve essere allegata la relazione dell’attestatore il quale, oltre alla veridicità dei dati ed alla fattibilità, deve anche dare atto che il trattamento proposto non è deteriore rispetto all’alternativa della liquidazione giudiziale.

Tale ultima previsione va coordinata con la modifica all’ottavo comma dell’articolo 64-bis, con la quale si specifica che ai fini del giudizio di non deteriorità deve farsi riferimento al momento del deposito della domanda di omologazione.

Si tratta di una indicazione molto importante, soprattutto se letta in correlazione con le modifiche agli articoli 84, commi sesto e settimo, ed all’articolo 87, lettera c), che disciplinano il valore di liquidazione nel concordato: viene definitivamente chiarito che il valore di liquidazione è una grandezza controfattuale, pari alla stima dei proventi (comprese le azioni revocatorie, risarcitorie e recuperatorie, nonché la vendita dell’azienda in esercizio provvisorio se percorribile) che sarebbe possibile conseguire nel caso in cui, in luogo di accedere allo strumento di regolazione della crisi proposto dal debitore, si aprisse la liquidazione giudiziale alla data di deposito della relativa domanda.

Il confronto con l’alternativa liquidatoria, quindi, va fatto con il criterio cosiddetto statico, riferito al momento del deposito della domanda di omologazione: è quello, infatti, il momento in cui il debitore attraversa la proverbiale “porta scorrevole”, scegliendo di adottare uno strumento di regolazione della crisi anziché chiedere la liquidazione giudiziale

Fonte: Il Sole 24ORE

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