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Agevolazioni disallineate: il patent box resta

Se da un lato la certificazione degli investimenti in ricerca, sviluppo e innovazione rappresenta un importante passo in avanti per rendere più attrattivo investire in R&S, dall’altro lato va però ricordato che questo intervento rischia di non essere sufficiente a incentivare concretamente le aziende, poiché le misure del credito d’imposta sono state notevolmente ridotte. Dal 2024, infatti, a seconda della tipologia di investimenti agevolabili, l’agevolazione varia dal 5 al 10 per cento.

Questo aspetto impone alle imprese che vogliono investire nell’innovazione di valutare anche altre tipologie di agevolazioni fiscali. In questo senso va ricordato il patent box (articolo 6, Dl 146/2021) che consiste nella maggiorazione del 110% della deducibilità fiscale ai fini Ires e Irap dei costi di R&S sostenuti in relazione a determinate categorie di beni immateriali (software protetto da copyright, brevetti industriali, disegni e modelli giuridicamente tutelati).

Il disallineamento normativo

Nonostante vi fossero tutti i presupposti, la certificazione introdotta dall’articolo 23, comma 2, del Dl 73/2022 non è stata tuttavia estesa anche al patent box. Per le imprese che beneficiano di tale agevolazione, l’unica tutela prevista è rappresentata dalla predisposizione di un set documentale che permette di beneficiare, se idoneo, in caso di accertamento, della disapplicazione delle sanzioni amministrative per infedele dichiarazione.

Il disallineamento tra le due normative appare evidente: la certificazione delle attività in R&S offre all’impresa una copertura a 360°, e quindi anche dal recupero delle imposte. Il set documentale introdotto per il patent box, invece, garantisce all’impresa solo di evitare le sanzioni amministrative. Questa difformità di trattamento è difficilmente spiegabile tenuto conto che tra le attività rilevanti ai fini del patent box sono ricomprese quelle classificabili come attività di R&S, innovazione tecnologica e design e ideazione estetica ex articoli 2-4 del Dm 26 maggio 2020, attuativo del tax credit R&S ex articolo 1, commi 198-207, della legge 160/2019.

In attesa di un intervento del legislatore volto a estendere la nuova certificazione anche al patent box, sarebbe auspicabile che, in caso di verifica fiscale su quest’ultima agevolazione, gli uffici si astenessero dal contestare gli investimenti effettuati in beni immateriali nell’ipotesi in cui l’azienda abbia ricevuto la certificazione con il bollino verde attestante che gli stessi investimenti sono ammissibili al credito d’imposta R&S.

Tale certificazione, infatti, dovrebbe quanto meno precludere «le contestazioni relative alla non corretta qualificazione degli investimenti effettuati» (Assonime, consultazioni n. 5/2023, paragrafo 2.6).

Fonte: Il Sole 24ORE

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