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Sulla cybersicurezza stretta penale e obblighi per i Comuni

Si avvia all’approvazione finale il disegno di legge sulla cybersicurezza, fortemente spinto dalla presidenza del Consiglio e dal sottosegretario Alfredo Mantovano.

Si avvia all’approvazione finale il disegno di legge sulla cybersicurezza, fortemente spinto dalla presidenza del Consiglio e dal sottosegretario Alfredo Mantovano.

Ieri le commissioni Affari costituzionali e Giustizia del Senato hanno approvato il testo nella versione licenziata dalla Camera che, a questo punto, sarà quella definitiva con il via libera dell’Aula, che però potrebbe slittare alla prossima settimana.

Della opportunità di un provvedimento condiviso si dice convinto il capogruppo Pd in commissione Giustizia Alfredo Bazoli: «Noi siamo d’accordo sulla necessità di fare un intervento legislativo sul tema che sia bipartisan – spiega Bazoli -, ma mancano le risorse; alcune cose potevano essere fatte meglio e ci sono non poche criticità nel testo». «Non si può fare un provvedimento così – avverte Bazoli -, che aggrava le amministrazioni pubbliche senza avere le risorse per poterlo fare. La parte delle sanzioni penali è stata fatta bene, ma c’è una parte sulla difesa rispetto agli attacchi informatici che non è stata risolta».

Nel dettaglio, il provvedimento introduce sanzioni più pesanti, prevede indagini più lunghe, stabilisce intercettazioni più agevoli, declina nuovi reati e ridisegna l’architettura istituzionale. Sul piano dei vincoli per le pubbliche amministrazioni, il disegno di legge impone l’obbligo di dotarsi di strutture dedicate e un referente a una lunga lista di soggetti che comprende, tra le altre, le città metropolitane, i comuni con più di 100mila abitanti, le relative società di trasporto pubblico, le Asl, le società in house.

Nutrito l’elenco di modifiche al Codice penale, con il rafforzamento innanzitutto delle più classiche fattispecie di reato, a valle del caso Striano (l’ufficiale della Guardia di finanza protagonista di una lunghissima serie di accessi a banche dati pubbliche senza apparente giustificazione né urgenza investigativa).

Inedita l’introduzione del reato di estorsione informatica, con una sanzione elevata che va un minimo di sei anni a un massimo di 12; come pure nuova è la previsione di un’aggravante del reato di truffa quando il fatto è commesso a distanza attraverso strumenti informatici o telematici, in maniera da impedire l’identificazione dell’autore, con procedibilità però a querela.

Sul fronte invece delle modifiche al Codice di procedura penale il disegno di legge inserisce i principali reati informatici nel catalogo di quelli per i quali la durata delle indagini preliminari è fissata nel più ampio limite di due anni.

Estesa poi la disciplina delle intercettazioni prevista per i fatti di criminalità organizzata, con presupposti diversi da quelle ordinarie (quando esistono sufficienti indizi di reato, invece di gravi indizi, quando le intercettazioni sono necessarie per lo svolgimento delle indagini, anziché assolutamente indispensabili) ai reati informatici rimessi al coordinamento del procuratore nazionale antimafia (si tratta in tutto di sei reati considerati di particolare gravità).

Molto discussa e contestata dalle opposizioni, come indebita ingerenza dell’Esecutivo nell’attività investigativa, la novità, introdotta alla Camera, sull’originario testo del Governo, che allarga le competenze degli ispettori del ministero della Giustizia, nel corso delle visite istituzionali negli uffici giudiziari, alla verifica della correttezza degli accessi da parte dei pubblici ministeri alle banche dati pubbliche.

Fonte: Il Sole 24ORE

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