Con un documento diffuso a marzo e dedicato a «L’efficacia delle certificazioni accreditate per i sistemi di gestione per la salute e la sicurezza sul lavoro» l’Inail è tornata ad occuparsi del tema della prevenzione degli infortuni e delle malattie professionali.
La ricerca, frutto della collaborazione con l’ente italiano di accreditamento (Accredia), ha analizzato i dati del periodo 2017-2021 di circa 26.000 imprese dotate di sistemi di gestione della salute e sicurezza sui luoghi di lavoro e di altrettante “non certificate”, accertando – per le prime – un abbattimento dell’indice di frequenza degli infortuni da un minimo del 14% a un massimo del 41%. Anche l’indice di gravità dell’infortunio, nelle imprese certificate, si ridurrebbe dal 13% al 39%.
I modelli organizzativi e i sistemi di gestione, insomma, giocherebbero un ruolo decisivo per la mitigazione dei rischi.
L’articolo 6, comma 2, del Dlgs 231/2001, indica solo i contenuti minimi del modello di organizzazione e gestione, che deve rispondere alle esigenze di individuare le attività nel cui ambito possano essere commessi reati, prevedere specifici protocolli diretti a programmare la formazione e l’attuazione delle decisioni dell’ente in relazione ai reati da prevenire, individuare modalità di gestione delle risorse finanziarie idonee ad impedire la commissione dei reati, prevedere obblighi di informazioni nei confronti dell’organismo di vigilanza e introdurre un sistema disciplinare idoneo a sanzionare il mancato rispetto delle misure indicate nel modello.
Rispetto a questa regola generale fa eccezione il modello organizzativo per la prevenzione dei reati relativi alla salute e sicurezza sul lavoro: il Testo Unico (Dlgs 81/2008), infatti, detta una serie di indicazioni nell’articolo 30, che ne definisce i contenuti specifici nei primi quattro commi: dal rispetto degli standard tecnico strutturali relativi ad attrezzature, impianti e luoghi di lavoro, alle attività di natura organizzativa (emergenze, primo soccorso, gestione degli appalti, ecc.), alla sorveglianza sanitaria, informazione e formazione dei lavoratori, acquisizione di documentazione e certificazioni obbligatorie di legge e verifiche periodiche dell’applicazione ed efficacia delle procedure adottate.
Completano il quadro la previsione di idonei sistemi di registrazione dell’esecuzione di tali attività, un’articolazione di funzioni che assicuri le competenze tecniche e i poteri necessari per la verifica, valutazione, gestione e controllo del rischio, nonché di un sistema disciplinare idoneo a sanzionare il mancato rispetto delle misure e di un sistema di controllo sull’attuazione del modello.
I modelli definiti conformemente alle Linee Guida Uni-Inail per un sistema di gestione della salute e sicurezza sul lavoro del 28 settembre 2001 o al British Standard OHSAS 18001:2007 (ora UNI EN ISO 45001:2023) si presumono conformi ai requisiti previsti dalla norma per le parti corrispondenti (articolo 30, comma 5, Dlgs 81/2008).
Diversa la funzione dei sistemi di gestione che, di per sé, non sono idonei ad escludere la responsabilità dell’ente chiamato a rispondere degli illeciti previsti dal Dlgs 231/2001: essi, infatti, non possono essere considerati equivalenti al modello organizzativo (Cassazione, quarta sezione penale, 28 novembre 2022, n. 45131; Cassazione, sezione sesta penale, 13 settembre 2017, n. 41768), come del resto precisato dalle linee guida emanate da Confindustria nel giugno 2021.
Il documento Inail-Accredia ne chiarisce le ragioni, individuandole nella “parte non corrispondente” costituita dal «sistema disciplinare idoneo a sanzionare il mancato rispetto delle misure indicate nel modello», non presente nella norma UNI EN ISO 45001:2023 e concludendo che «un’azienda che adotti questo standard internazionale e voglia utilizzarlo per costruire un MOG-SSL dovrà comunque dotarsi, come in passato, del citato sistema disciplinare, così come di un organismo di vigilanza ai sensi dell’art. 6 del d.lgs. 231/01».