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Compensi versati alle star company estere di sportivi, sì al prelievo in Italia

Secondo la Cassazione i compensi per sfruttamento del diritto di immagine sono tassabili nel nostro Paese. L’Ocse richiede invece anche una stretta correlazione alla prestazione sportiva

I compensi, per sfruttamento del diritto di immagine, pagati da società sportive italiane a star company estere di sportivi professionisti sono tassati anche in Italia, in forza del disposto di cui all’articolo 17, paragrafo 2 delle Convenzioni internazionali contro le doppie imposizioni. Norma, quest’ultima, la quale riconosce allo Stato della fonte la possibilità di tassare i redditi prodotti sul proprio territorio dagli artisti e dagli sportivi, anche quando questi siano percepiti da altri soggetti interposti.

Queste le conclusioni raggiunte dalla Corte di cassazione nell’ordinanza n. 12639 pubblicata in data 8 maggio 2024 e relative ad un caso che aveva visto coinvolta una nota società sportiva militante nel campionato di Serie A della Lega Basket, alla quale l’agenzia delle Entrate italiana aveva contestato l’omessa ritenuta sui corrispettivi versati a star company estere per la cessione di diritti di immagine di sportivi professionisti.

Le conclusioni raggiunte dalla Suprema corte appaiono, senza dubbio, corrette. Quello che, tuttavia, lascia leggermente interdetti è il percorso argomentativo offerto, il quale potrebbe apparire fin troppo sbrigativo.

Volendo partire dalle conclusioni, è sicuramente corretto affermare che i compensi da image rights quando percepiti da star company estere di artisti o di sportivi potrebbero essere “calamitati” nella disciplina di cui all’articolo 17, paragrafo 2 delle Convenzioni internazionali e, quindi, essere tassati anche nello Stato della fonte (ad esempio tassazione concorrente).

Tuttavia è bene ricordare che, affinché questo possa accadere, risulterà necessario verificare quella che il Commentario Ocse (paragrafi 9 e 9.5) definisce close connection tra compensi da image rights e prestazione artistica o sportiva. Tale “stretta correlazione” potrà ritenersi sussistente se questi compensi non sarebbero stati ragionevolmente ottenuti ove non vi fossero state le prestazioni artistiche o sportive. Nel Commentario vengono citati, a titolo esemplificativo: contiguità temporale dell’evento che genera il reddito ovvero natura della remunerazione (vedasi l’esempio campione del tennis per l’uso della sua immagine su un poster).

Solo in presenza, quindi, di tale relazione troverà applicazione la disciplina specifica di cui all’articolo 17, paragrafo 2. In sua assenza, invece, è plausibile ritenere corretto applicare la disciplina generale che, in caso di star company quale soggetto percettore, dovrebbe essere quella di cui all’articolo 7 delle Convenzioni. Se così fosse, in luogo di una tassazione concorrente si passerebbe ad una tassazione esclusiva nel solo Stato della residenza (salvo presenza di PE nello Stato della fonte).

Tanto considerato si segnala che anche a livello domestico le argomentazioni offerte non sembrano, quantomeno, “puntualissime”. Il tema della qualificazione reddituale è molto più complesso rispetto alla soluzione: compensi da image rights uguale redditi di lavoro autonomo ex articolo 54, comma 1-quater del Tuir. Questo soprattutto qualora tali compensi siano percepiti da una star company estera. I riferimenti normativi soprattutto in tema di rilevanza territoriale potrebbero essere diversi. I redditi di lavoro autonomo scontato il criterio di collegamento ex articolo 23, comma 1, lettera d) del Tuir le star company estere, invece, quello di cui all’articolo 23, comma 2, lettera d) del Tuir. Risultato, in tema di territorialità potenzialmente simile ma, con procedimento logico giuridico da dover seguire, differente.

Senza contare poi che tendenzialmente in operazioni veicolate per il mezzo di star company o agency management estere esiste (quasi) sempre, a monte, un rapporto di mandato con o senza rappresentanza. In un caso il veicolo estero diverrebbe trasparente nell’altro no. Il tutto, al solo fine di esplicitare come il tema, essendo particolarmente complesso, avrebbe (forse) necessitato di maggiori precisazioni e argomentazioni. Ma tant’è, così non è stato preferendosi la “lapidaria” conclusione: sì alla tassazione in Italia ai sensi dell’articolo 17, paragrafo 2 del Modello di Convenzione Ocse.

Fonte: Il Sole 24ORE

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