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L’adeguamento non si coniuga con magazzini di maggior valore

La sanatoria è tarata su vendite e acquisti non contabilizzati. Per la regolarizzazione si deve pagare la sostitutiva e l’Iva.

La norma della legge di Bilancio che prevede la possibilità di adeguare le esistenze iniziali di magazzino sembra tarata in relazione a quelle vendite per le quali il magazzino non sia stato correttamente scaricato, piuttosto che a situazioni che intendono sanare delle passate sopravvalutazioni dei beni operate per mere finalità di bilancio.

commi da 78 a 85 dell’articolo 1 della legge di Bilancio 2024 prevedono per i soggetti Oic, con riferimento ai bilanci che chiudono al 31 dicembre 2023 per i soggetti con esercizio solare, la possibilità di adeguare le esistenze iniziali dei beni di cui all’articolo 92 del Tuir mediante l’eliminazione dei valori o delle quantità oppure l’iscrizione delle esistenze iniziali. Ciò risponde ai casi in cui il magazzino contabile risulti superiore a quello effettivo, nei casi in cui vi siano state delle vendite in nero, oppure inferiore, nei casi di acquisti in nero (si veda «Il Sole 24 Ore» del 27 ottobre 2023). Sennonché il comma 79 prevede esplicitamente l’eliminazione delle esistenze iniziali in caso di quantità o valori superiori a quelli effettivi, oppure l’iscrizione delle esistenze iniziali in precedenza omesse. Ciò significa che nel caso di eliminazione si dovrà operare versando la relativa Iva e l’imposta sostitutiva del 18%, mentre nel caso di iscrizione si verserà solo la sostitutiva. Il tutto appare coerente con la genesi delle problematiche, perché nel primo caso si allinea un magazzino in cui presumibilmente sono state venduti in nero dei beni (di qui la relativa Iva richiesta), mentre nel secondo caso si è trattato di acquisti in nero per cui l’Iva non è richiesta.

Qualche dubbio sorge però laddove la norma – per le sole eliminazioni e non anche per le iscrizioni – fa riferimento non solo alle quantità ma anche ai valori. Il dubbio persiste andando a leggere la relazione illustrativa in quanto la stessa in caso di eliminazione di valori (si noti bene non di quantità) richiede di versare sia l’Iva sia la sostitutiva. Del resto occorre anche notare che la disposizione è mutuata fedelmente da quella prevista all’articolo 7 commi da 9 a 14 della legge 23 dicembre 1999 n. 488. Può dunque essere utile rifarsi alla circolare di commento dell’epoca (circolare 1 giugno 2000 n. 115). In relazione alle modalità di eliminazione delle esistenze iniziali si diceva che era possibile eliminare le quantità fisiche dei beni risultanti dalla contabilità in misura superiore a quelle effettive ovvero ridurre i costi unitari di valutazione dei beni effettivamente esistenti in magazzino in quanto superiori a quelli effettivi.

La ratio di questa norma appare chiara nei casi in cui essa serva a ovviare a situazioni sicuramente patologiche di vendite in nero o acquisti in nero. Nel primo caso, infatti, va corrisposta anche l’Iva, oltre alla sostitutiva, nel secondo caso invece no.

Tuttavia esistono casistiche di magazzini contabili che sono superiori al dato effettivo e ciò, prodottosi nel tempo, è riconducibile a delle pratiche per cui la valorizzazione del magazzino è stata incrementata artificiosamente allo scopo di celare delle perdite. Si tratta di pratiche di bilancio che sicuramente richiamano la responsabilità degli amministratori che le hanno poste in essere, ma la cui finalità appare chiara. Il bilancio è stato infatti abbellito nascondendo delle perdite, il che ha comportato in ogni caso l’assoggettamento a imposizione dei maggiori valori iscritti, o comunque non sono emerse né si sono riportate delle perdite fiscali che avrebbero presumibilmente ridotto l’imponibile degli esercizi successivi.

In questo contesto una società che dovesse decidere di fare pulizia di bilancio ripristinando i corretti valori di quantificazione del magazzino dovrebbe operare con una svalutazione del medesimo. Sembra difficile, tuttavia, pensare che in una siffatta circostanza si debba assolvere l’Iva in assenza di qualsivoglia vendita in nero. Al tempo stesso l’assoggettamento a imposta sostitutiva di una eliminazione dei valori parrebbe inconciliabile col fatto che i maggiori valori sono stati tassati in passato. Ecco perché la norma sembra tarata prevalentemente sulle casistiche delle quantità, almeno quanto alla ratio ispiratrice.

Fonte: Il Sole 24ORE

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