Ai fini Iva è cessione d’azienda l’assegnazione in proprietà delle reti, impianti e dotazioni idriche effettuata da una società ai propri soci, pur proseguendo la relativa gestione in capo a un soggetto terzo.
La risposta a interpello 473/2023 delle Entrate affronta ancora una volta il tema dell’alternanza tra cessione di beni e cessione d’azienda e i rispettivi risvolti sul piano delle imposte indirette. Le difficoltà interpretative legate all’argomento non sono nuove; il Comitato Iva degli esperti del Sole24Ore ha appunto elaborato il principio d’interpretazione n. 4 a cui si rinvia.
Rispetto a quanto già indagato, il caso affrontato da ultimo dalle Entrate sembra presentare qualche peculiarità. Per l’Agenzia si tratta di una vera e propria cessione d’azienda, intendendo quest’ultima come «il complesso dei beni organizzati dall’imprenditore per l’esercizio dell’impresa» (articolo 2555 del Codice civile). Gli elementi da considerare che rivelano l’esistenza di un’azienda sono da individuarsi i) nell’«organizzazione», ii) nei «beni», materiali e immateriali, e iii) nel loro essere finalisticamente diretti all’«esercizio dell’impresa». Dando voce ai principi espressi sul piano unionale, in particolare, ciò che occorre verificare è, in primo luogo, la possibile prosecuzione dell’attività d’impresa da parte del cessionario con il complesso dei beni ricevuti, che gli permetta di svolgere un’attività economica, autonoma ed attuale; in secondo luogo, che tale complesso di beni mantenga la sua identità funzionale anche dopo il trasferimento.
Sussistendo tali elementi, l’assegnazione in proprietà tra l’istante e i Comuni si configura quale cessione d’azienda. La peculiarità riguarda il fatto che non è il beneficiario (i.e. i Comuni) a succedere al cedente, ma un terzo, ovvero il nuovo gestore unico.
Fonte: Il Sole 24ORE
