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Bilanci di sostenibilità raddoppiati in tre anni: il 46% arriva dalle Pmi

Oltre 300 società quest’anno hanno depositato la documentazione al Registro: guidano il settore finanziario e la manifattura.

I rendiconti di sostenibilità delle aziende italiane sono raddoppiati in tre anni. L’analisi dei documenti presentati al Registro imprese tenuto da InfoCamere tra gli esercizi 2020 e 2022 alza il sipario su un trend fatto di piccoli numeri, ma in crescita costante.

Quest’anno sono 303 le società che hanno depositato una «dichiarazione non finanziaria» relativa al 2022. Rispetto agli 877mila bilanci esaminati da InfoCamere, si tratta di una quota minima, ben al di sotto dello 0,1 per cento. Ma ci sono almeno un paio di aspetti interessanti. Il primo è il fatto che per il 46% si tratta di piccole e medie imprese (Pmi) con un volume di ricavi non superiore a 50 milioni di euro, che oggi non sarebbero tenute a presentare questa dichiarazione ma hanno scelto di farlo.

Il secondo aspetto interessante è la tendenza all’aumento di questi report, che si può osservare meglio misurandone la diffusione tra le imprese che negli ultimi tre anni hanno sempre presentato il bilancio d’esercizio (così da escludere le società di nuova costituzione): su questo campione omogeneo di 762mila aziende, i documenti non finanziari depositati nel Registro sono più che raddoppiati (da 87 per il 2020 a 188 per il 2022).

Tra le 303 società che hanno depositato il rendiconto quest’anno, 62 sono imprese finanziarie e assicurative; 56 operano nel campo manifatturiero. Più di metà hanno meno di 250 dipendenti. Tra gli ultimi arrivi si contano Fabbrica d’armi Beretta, Juventus, Mapei, Aeroporti di Roma, Banca popolare di Puglia e Basilicata.

L’anticipo sui tempi

Ciò che di solito si chiama “bilancio” di sostenibilità è in realtà un’informativa al mercato che descrive l’impegno dell’azienda sul versante Esg (Environmental, cioè ambientale, social e di governance). Non c’è quindi solo il profilo della lotta al cambiamento climatico (emissioni di CO2, uso di risorse naturali, sicurezza alimentare), ma anche l’impatto sociale dell’impresa (condizioni di lavoro, parità di genere e così via) e la sua organizzazione interna (indipendenza del Cda, procedure di controllo, compensi ai manager, lotta alla corruzione).

La direttiva europea 2022/2464 (Corporate sustainability reporting directive, Csrd) – che è stata pubblicata circa un anno fa sulla Gazzetta ufficiale Ue e dovrà essere recepita dagli Stati – prevede una graduale estensione dei soggetti tenuti a redigere il rendiconto di sostenibilità (si veda la scheda in alto). Si partirà nel 2024 con le aziende di interesse pubblico rilevanti, fino ad arrivare a coinvolgere dal 2026 le Pmi quotate.

Il fatto che tante piccole e medie imprese si siano già attivate su base volontaria dipende senz’altro dalla sensibilità di manager e azionisti, ma anche dai benefici che il rendiconto Esg può offrire. Per esempio a livello di rapporti con i committenti (che spesso pretendono dai propri fornitori una certificazione di sostenibilità) o con le banche e le assicurazioni (che usano anche queste informazioni per valutare la controparte e definire il costo e le condizioni di finanziamenti e coperture). Per alcune Pmi già quotate su Euronext Growth, inoltre, è certo utile iniziare a “portarsi avanti” con il rendiconto.

«Oggi la dichiarazione non finanziaria è una prerogativa di poche centinaia di imprese, ma per la sua crescente valenza in termini di trasparenza sarebbe opportuno, al pari del bilancio ordinario, incoraggiarne il deposito al Registro delle imprese per tutte le società italiane», afferma Lorenzo Tagliavanti, presidente di InfoCamere. Tutto ruota attorno ai concetti di credibilità e affidabilità. Che sono l’esatto contrario del greenwashing: quelle pratiche di ripulitura superficiale dell’immagine aziendale, che rischiano di far precipitare i rapporti con gli stakeholder.

Rischio greenwashing

Il rischio che dietro ai princìpi Esg non ci sia una reale sostanza è senz’altro presente (e infatti è sotto la lente europea nella proposta di direttiva Green claims approvata a maggio), ma riguarda soprattutto slogan e iniziative isolate. La redazione di un documento “ufficiale” è un atto più impegnativo: «Chi lo redige sa che è fondamentale il deposito presso il Registro delle imprese», osserva ancora Tagliavanti. Anche l’adozione della forma della società benefit, che pure non implica di per sé il rendiconto di sostenibilità, può rivelarsi un passo in questa direzione.

Fonte: Il Sole 24ORE

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