L’articolo 2501-sexies, comma 7 del Codice civile dispone che, in ipotesi di fusione di società di persone con società di capitali, all’esperto incaricato di redigere la relazione sulla congruità del rapporto di cambio è altresì affidata la redazione della perizia giurata di stima (cosiddetta «stima da conferimento in natura») del patrimonio della società di persone a norma dell’articolo 2343 del Codice civile.
Sebbene non espressamente specificato, la disposizione in argomento deve ritenersi applicabile ai soli casi di fusioni eterogenee progressive (altrimenti dette «fusioni trasformative»), ovverosia quelle vicende aggregative tra società di persone e società di capitali in cui la società incorporante (ovvero quella risultante dalla fusione) sia una società di capitali.
La ratio della norma risponde, infatti, alla necessità di preservare l’integrità del capitale della società (di capitali) incorporante o risultante dalla fusione, imponendo una verifica sull’effettivo valore del patrimonio delle società di persone, il quale – formatosi senza l’osservanza delle norme sui conferimenti delle società di capitali e contabilmente raffigurato senza l’integrale osservanza delle norme sul bilancio dettate per queste ultime – per il tramite della fusione, concorrerà alla formazione del patrimonio della società risultante dalla fusione stessa.
Le possibili eccezioni all’obbligo della relazione di stima
Se la ratio della norma risponde ad esigenze di tutela di integrità ed effettività del capitale della società incorporante o risultante dalla fusione, è possibile osservare come non in tutte le ipotesi di fusione «trasformativa» tra una società di persone e una società di capitali sussistono i presupposti che giustificano l’applicazione della stima ex articolo 2343 del Codice civile.
In particolare, secondo i risultati cui è giunta l’elaborazione dottrinale e giurisprudenziale sul tema, la perizia de quo non sarebbe necessaria ogniqualvolta dall’operazione di fusione non derivi la formazione di nuovo capitale, ritenendosi la stessa, invece, indispensabile nei soli casi in cui la fusione avvenga mediante imputazione al capitale sociale della società di capitali incorporante (ovvero risultante dalla fusione) del patrimonio della società di persone coinvolta nella fusione.
In tale contesto, costituirebbero fattispecie tipiche di fusione senza «creazione di nuovo capitale» le fusioni per incorporazione di società interamente posseduta, ai sensi dell’articolo 2505 del Codice civile, oppure quelle in cui incorporata e incorporante siano ciascuna detenute, nelle medesime percentuali di partecipazione, dagli stessi soci, ovvero ancora quelle in cui, pur essendo necessaria la determinazione di un rapporto di cambio, quest’ultimo venga soddisfatto con modalità di assegnazione delle azioni dell’incorporante alternative rispetto all’emissione di nuovi titoli, quali il restringimento delle percentuali di partecipazione dei soci dell’incorporante o l’assegnazione di azioni proprie disponibili nell’attivo patrimoniale della società.
In tutte tali fattispecie, infatti, non v’è necessità di procedere ad alcun aumento di capitale ai fini dell’emissione di nuovi titoli da assegnare alla compagine sociale risultante post fusione. Al contrario, secondo un orientamento minoritario, pur in assenza di formazione di «nuovo capitale», la relazione di stima sarebbe sempre necessaria, in quanto diretta a tutelare non solo l’interesse alla corretta formazione di capitale, ma anche quello alla corretta formazione delle riserve di capitale che derivano dall’apporto di fusione; in caso contrario, si consentirebbe l’appostazione in bilancio di valori non verificati che, subito dopo la fusione, potrebbero confluire nel capitale sociale della società mediante un aumento gratuito.
Tuttavia, a ribadire la non necessità della relazione di stima in assenza di formazione di nuovo capitale sociale, secondo l’orientamento che parrebbe al momento dominante, si è ribattuto che anche qualora gli elementi patrimoniali della società di persone partecipante alla fusione non verificati mediante perizia venissero utilizzati per un successivo aumento gratuito di capitale della società di capitali incorporante, l’integrità di quest’ultimo sarebbe, in ogni caso, assicurata dalle norme in materia di veridicità e correttezza del bilancio e dalle conseguenti responsabilità degli amministratori.
Conclusioni
Alla luce di tutto quanto precede, sebbene da un’interpretazione letterale dell’articolo 2501-sexies, comma 7 del Codice civile non sia possibile risolvere il contrasto a favore dell’una o dell’altra delle tesi prospettate, la posizione dominante in dottrina ritiene corretto che l’obbligo di redazione della perizia sia indispensabile solamente quando l’apporto da fusione proveniente dal patrimonio della società di persone sia iscritto a capitale della società incorporante o risultante dalla fusione, escludendone la necessità in tutti i casi in cui non v’è rischio di appostazione a capitale di valori patrimoniali non verificati.
Fonte: Il Sole 24 ORE