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L’affitto d’azienda senza fusione non è abusivo ai fini del registro

Non è abusivo il conferimento di ramo d’azienda e successiva cessione della partecipazione, con affitto a favore dell’acquirente.
Non è abusivo, per la risposta n. 260, né ai fini delle dirette né tantomeno dell’Iva e del registro, un conferimento di ramo d’azienda e successiva cessione in Pex della partecipazione, con affitto del ramo d’azienda a favore dell’acquirente della partecipazione.
Vediamo perché.
Beta conferisce un ramo d’azienda nella newco Gamma e poi vende la partecipazione a un soggetto terzo Alfa. Poi Gamma affitta un ramo d’azienda (parte di quello conferito) ad Alfa stessa, che deduce i canoni e detrae l’Iva relativa.
Le Entrate confermano che l’operazione non è abusiva ai fini delle dirette in quanto è espressamente previsto (articolo 176, comma 3, del Tuir) il conferimento d’azienda neutrale con successiva cessione della partecipazione sfruttando la Pex.
 
L’operazione è lineare anche ai fini Iva e del registro. Infatti, benché si sia in presenza di tre atti a registro fisso pari a 200 euro (conferimento, cessione partecipazioni, affitto d’azienda) ciò non configura alcun percorso tortuoso.
L’elemento di pregio della risposta riguarda il registro, in quanto dopo il conferimento d’azienda e la cessione in PEX vi è un affitto d’azienda anch’esso assoggettato a misura fissa.
Ricordiamo che per le Entrate se ci fosse stata una fusione ciò avrebbe integrato un trasferimento d’azienda e sarebbe stato abusivo (risposte 503/22, 138 e 13 del 2019) in quanto atto ad evitare il registro proporzionale. Se ne ricava che in casi del genere una valida alternativa alla fusione è data dall’affitto d’azienda.
Semaforo rosso ad una scissione di cassa in base alla risposta n. 263.
 
Due società hanno la medesima compagine sociale familiare ed è prevista una scissione parziale proporzionale fra le due per attribuire alla beneficiaria un’ingente liquidità. Essa verrà utilizzata per ribilanciare il passivo a favore dell’equity, riducendo il debito bancario (ponte) contratto dalla beneficiaria ante scissione. L’alternativa consisterebbe in una distribuzione dei dividendi dalla scissa ai soci persone fisiche, con tassazione in capo a costoro pari al 26%, e successivo conferimento delle somme residue a favore della beneficiaria.
Per le Entrate l’operazione è abusiva perché intende evitare proprio tale iter e le relative conseguenze.
La scissione configura un risparmio d’imposta indebito poiché non risponde ad alcuna esigenza di riorganizzazione aziendale e determina la patrimonializzazione della beneficiaria, ottenuta bypassando la tassazione dei dividendi.
Vi è assenza di sostanza economica in quanto la scissione mira solo a soddisfare le esigenze dei soci, con un vantaggio fiscale di fatto essenziale.
 
Fonte: Il Sole 24 Ore

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