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Irpef a tre aliquote, sconti legati ai redditi. Ires per chi investe verso il 15 per cento

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Quattro parti, 21 articoli e 24 mesi di tempo per cambiare tutto il fisco: con un’Irpef a tre aliquote, considerata come primo passo verso la Flat Tax, un tetto agli sconti fiscali parametrato al reddito, l’Ires che si sdoppia per riservare un’aliquota agevolata (si punta al 15%) per gli investimenti in beni strumentali innovativi e in occupazione, l’Iva riordinata per ridare razionalità alla geografia dei panieri e l’Irap che si trasforma in una sovraimposta sull’Ires.

Sono i contenuti del testo della legge delega per la riforma fiscale targata Meloni, 21 articoli più le disposizioni finanziarie, che il Sole 24 Ore è in grado di anticipare e che potrebbe arrivare già la settimana prossima in consiglio dei ministri per tentare in Parlamento un’approvazione rapida entro maggio. Se il programma sarà rispettato, l’Italia nella primavera del 2025 abbandonerebbe il sistema fiscale entrato in Gazzetta Ufficiale il 9 ottobre 1971 con la riforma di Bruno Visentini.

Chi segue le cose fiscali noterà molte somiglianze con i contenuti della delega avviata lo scorso anno dal governo Draghi. Vero, perché quando si entra nel merito delle scelte in materie complesse come il fisco le divisioni politiche tendono a sfumare. Ma rispetto all’ultimo tentativo, la riforma coordinata dal viceministro alle Finanze Maurizio Leo presenta tre importanti differenze: manca l’intervento sul Catasto, che aveva fatto alzare le barricate alla destra, e la maggiore compattezza della maggioranza permette al governo di entrare nei dettagli e di provare anche scelte politicamente difficili come quella sul taglio delle tax expenditures, su cui l’ultima delega era invece rimasta sul vago nel tentativo di non accendere conflitti fra i già riottosi alleati di governo. E soprattutto siamo a inizio legislatura, aspetto non secondario quando si mette mano a un percorso lungo come una riforma fiscale.

Il terreno su cui la delega giocherà gran parte della sua popolarità è ovviamente rappresentato dall’Irpef. Per l’imposta sui redditi la riforma Leo riprende il progetto delle tre aliquote (fin qui i tecnici del Mef hanno studiato in particolare un sistema con 23%, 33% e 43% e un’alternativa più costosa con il secondo scaglione al 27% ma la delega ovviamente non indicherà i valori di cui si dovranno occupare i decreti attuativi). L’obiettivo indicato nella delega è triplice: mantenere fermo “il principio costituzionale della progressività”, “garantire l’equità orizzontale” e semplificare il sistema. L’obiettivo di fondo resta in prospettiva la «transizione del sistema verso l’aliquota impositiva unica», come si legge nel testo dell’articolo 5 del Ddl. Una tassa piatta che avrà comunque un orizzonte più ampio a cui ci si potrà avvicinare se ci saranno i margini fiscali e politici per farlo.

Il principio dell’equità orizzontale, che appianerebbe le differenze di trattamento fiscale oggi presenti fra le diverse categorie di reddito, è uno degli snodi cruciali per il nuovo sistema. Per tradurlo in pratica, la delega propone un allineamento della No Tax Area tra dipendenti e pensionati e un’estensione ai dipendenti della Flat Tax incrementale e soprattutto una nuova griglia di vincoli all’utilizzo degli sconti fiscali. Il passaggio politicamente più delicato è questo. La riforma non può certo viaggiare in deficit mentre i tassi sui titoli di Stato salgono, la politica monetaria si restringe e la commissione Ue porta sui tavoli dell’Ecofin le nuove regole comunitarie sul bilancio pubblico. Per cercare le coperture, torna a guardare al mare degli sconti fiscali, che oggi cumula oltre 600 voci e riduce il gettito di 165 miliardi ogni anno. Mettere sotto esame ciascuna di queste voci rischia di moltiplicare le resistenze dei singoli settori interessati, moltiplicando la fatica e minimizzando i risultati. L’idea è quindi di introdurre un tetto all’utilizzo di detrazioni e deduzioni, che sarà parametrato al reddito. Nemmeno in questo caso il testo della delega offre cifre, ma il principio si potrebbe tradurre secondo le ipotesi tecniche a cui lavora il Mef nella possibilità di assorbire sconti fino al 4% del reddito per il primo scaglione, per scendere al 3% nel secondo e al 2% nel terzo. Dal calcolo resterebbero però escluse le detrazioni per le spese sanitarie, di istruzione e per interessi passivi sui mutui prima casa. Non solo. Restano fuori dai tagli le detrazioni e i crediti d’imposta finalizzati agli «obiettivi di miglioramento dell’efficienza energetica e della riduzione del rischio sismico del patrimonio edilizio esistente».

Per un’Irpef che riduce gli scaglioni c’è nella riforma un’Ires che si sdoppia. Questo “regime duale” nasce in uno scenario nel quale dal 1° gennaio prossimo è attesa l’entrata in vigore della Global Minimum Tax per limitare l’erosione fiscale delle multinazionali, con un’aliquota al 15% che offre un parametro di riferimento per il nuovo regime. La tassazione alleggerita, spiega la delega, sarebbe riservata alle quote di reddito che l’impresa destina nei due anni successivi agli investimenti in “beni strumentali innovativi o qualificati” e in nuova occupazione. In pratica, si renderebbe strutturale il meccanismo incentivante alla base di Industria 4.0, con lo scopo esplicito di “aumentare l’attrattività” del nostro sistema fiscale e tradurre in pratica il concetto del “chi più assume e investe meno paga” rilanciato a più riprese dalla premier Meloni nell’ultima campagna elettorale. Nella nuova Ires si introdurrà poi un meccanismo a franchigie sulla deducibilità degli interessi passivi, e si rimetterà ordine al regime di compensazione delle perdite fiscali anche per allinearsi ai principi espressi dalla Corte di giustizia Ue.

Fonte: Sole 24 ORE

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