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Analisi del rischio fiscale: procedure ad hoc sulle scelte interpretative

Il responsabile fiscale, con il tax risk manager, può sempre valutare il confronto preventivo con le Entrate

Il rischio fiscale è il rischio di operare in violazione di norme di natura tributaria, o in contrasto con i principi o le finalità dell’ordinamento tributario. Le aree in cui può manifestarsi, e va intercettato e gestito, sono tre:

  • rischi fiscali di adempimento, che consistono nel non eseguire correttamente gli obblighi fiscali;
  • rischi fiscali interpretativi, che riguardano fattispecie per cui è possibile una diversa lettura dell’amministrazione rispetto a quella della società;
  • rischi di frode fiscale, ossia incorrere in violazioni derivanti da condotte fraudolente di soggetti terzi, legati all’impresa da rapporti di varia natura.

Incertezze interpretative

I rischi interpretativi possono scaturire da incertezze normative o qualificatorie, e possono riguardare, ad esempio, riorganizzazioni societarie, operazioni straordinarie, acquisizioni o cessioni di partecipazioni, aziende o rami d’azienda, rilevanti modifiche nei criteri di determinazione dei prezzi di trasferimento.

Il processo interpretativo, di regola, viene svolto dal responsabile fiscale, e può derivare: (i) da novità fiscali provenienti da diverse fonti (norme e giurisprudenza nazionali e Ue, prassi, soft law internazionale, eccetera) o dalla mancanza di precedenti di prassi o giurisprudenziali; (ii) da attività di consulenza fiscale svolta a favore delle altre strutture aziendali; (iii) da scelte interpretative connesse all’espletamento degli adempimenti; (iv) dall’analisi della fiscalità di operazioni straordinarie e/o molto complesse.

I rischi interpretativi sono misurati secondo criteri di certezza, sindacabilità e materialità, adottando strumenti e metodologie che consentono di ripercorrere le valutazioni effettuate.

In caso di scelte interpretative considerate incerte, il responsabile fiscale, con una valutazione aggregata e su base esperienziale, analizza il grado di sindacabilità sulla base di tre livelli (alto, medio e basso), da formalizzare in una nota esplicativa. Poi procede a valutare l’esposizione aziendale al rischio, secondo soglie quantitative. Nel calcolo della rilevanza quantitativa del rischio fiscale, si tiene conto del maggior carico impositivo derivante da una qualificazione della fattispecie o del suo trattamento fiscale differente rispetto a quello della società (“delta tax”). All’esito dell’analisi di materialità quantitativa, potranno essere valutati anche aspetti di tipo qualitativo, quali la possibile rilevanza penale delle scelte interpretative o gli effetti reputazionali.

I rischi fiscali interpretativi vengono quindi gestiti con un procedura specifica («Policy di gestione del rischio interpretativo»), che deve garantire tempestività nella rilevazione dei rischi, nonché la loro misurazione, gestione e controllo, prevedendo meccanismi di escalation autorizzativa interni (quali la condivisione con il tax risk manager e il Cda) che permettano di modulare specifiche forme di presidio, fino all’interlocuzione obbligatoria con le Entrate.

Il responsabile fiscale, con il tax risk manager, può valutare l’interlocuzione preventiva anche per scelte interpretative al di sotto della soglia di significatività condivisa con l’Agenzia. In questa interlocuzione viene comunque riconosciuto alla società il diritto al dissenso rispetto alle posizioni del Fisco; e in caso di dichiarazione infedele resta la disapplicazione di sanzioni amministrative e scudo penale.

Le informazioni relative alla gestione di questi rischi sono riportate in una repository documentale denominata «Mappa dei rischi interpretativi».

Fonte: Il Sole 24ORE

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