In tema di reddito d’impresa è importante segnalare che, recentemente, la Cassazione – con l’ordinanza 17433 del 25 giugno scorso – è intervenuta su un tema dibattuto che riguarda l’ammissibilità dello spostamento di oneri tra società incluse nel medesimo consolidato fiscale nazionale, considerando che con queste operazioni non varia l’imponibile di gruppo e quindi non vi alcun danno per l’Erario ai fini Ires.
I costi di consulenza
e controllo
Il caso trattato riguardava la ripresa di costi non sufficientemente documentati che derivavano da prestazioni di consulenza per attività inerenti strategia commerciale, organizzazione, pianificazione logistica, acquisti, affari finanziari e controllo direzionale avvenute tra due società facenti parte del gruppo. La Corte ha bocciato la sentenza di secondo grado, che aveva statuito che l’Amministrazione finanziaria non avesse interesse ad agire, dal momento che un’eventuale rettifica del reddito di una controllata per la ripresa di costi addebitati alla controllante non avrebbe potuto modificare il reddito della dichiarazione consolidata (essendo entrambe le società parte di un unico consolidato fiscale).
L’ordinanza ha ritenuto tale motivo non fondato, in quanto non può ammettersi la “compensazione” di voci del conto economico di rilievo fiscale che, in violazione del disposto dell’articolo 109 del Tuir, determini lo spostamento di oneri o compensi da una società all’altra, pur appartenenti al medesimo consolidato fiscale, e ciò attesa la tassatività e inderogabilità delle regole che presiedono alla determinazione del reddito d’impresa di ciascuna società. Invero l’ordinamento fiscale, e per vero anche quello civile, non consente di lasciare l’imprenditore arbitro nell’imputazione delle singole voci, e ciò tanto appunto traslandoli da una società ad un’altra (pur nell’ambito del medesimo consolidato) come da un esercizio all’altro (si veda già la Cassazione 17195/2006), per la sola osservazione che la somma algebrica del reddito complessivo non subirebbe variazioni.
Smentiti i giudici di merito
L’ordinanza risulta in linea con le conclusioni della sentenza della stessa Corte 8646/2022 per cui dovrebbe ritenersi sempre meno tutelante, per gli operatori, l’orientamento della giurisprudenza di merito che, a partire dalla sentenza 45 del 2010 della Ctp di Reggio Emilia per arrivare alla Ctr della Lombardia 2486 del 2018, aveva ritenuto che la partecipazione al consolidato nazionale determinasse una situazione tale per cui il Fisco non avrebbe dovuto porre in discussione la ripartizione dei costi effettuata tra i partecipanti per mancanza di qualsivoglia interesse effettivo che lo riguardasse.
In conclusione l’orientamento della Cassazione prevede, con riferimento al tema dei costi infragruppo nel consolidato fiscale, che si dovrebbe poter dimostrare l’interesse a sostenere tali oneri da parte di ciascuna società facente parte del consolidato in un’ottica di inerenza di un soggetto stand alone.
Fonte Il Sole 24ORE